Regia di Julius Onah vedi scheda film
Riusciranno i nostri eroi a farci digerire un altro film sugli universi paralleli? Sì.
Non so perché “cloverfield” sia diventato un brand per la fs-orrorifica, fatto sta che siamo alla terza puntata della disomogenea serie.
Il tema di The Cloverfield Paradox non c’entra coi trifogli, ma con lo sfruttato argomento dell’esaurimento delle risorse energetiche. Stavolta si prova ad attivare un supergeneratore, prudentemente allontanato dal suolo nell’eventualità la sua accensione dovesse spazzare via la Terra e proiettarla in una dimensione parallela. Il che accade, ma solo alla stazione spaziale che lo ospita. Siamo a metà tra Sunshine e Another Earth, ma con meno filosofia che in entrambi. L’universo parallelo ha la sua Terra-2, e la sua brava scienziata-astronauta che si trova improvvisamente trasferita come per magia all’interno della stazione spaziale-1, mentre nel suo mondo la stazione spaziale-2 ha fatto una brutta fine, la guerra mondiale è già scoppiata e la situazione è più critica e disperata che nell’universo-1 (quello da cui siamo partiti e cui appartengono i “nostri”).
Il tutto si regge? Direi di sì, anche abbastanza bene, tranne che per alcuni aspetti incomprensibili e piuttosto fastidiosi per lo spettatore attento. L’universo-2 mostra a tratti comportamenti fisici bizzarri, ma la cosa è episodica e fa gioco solo al colpo di scena, non alla logica complessiva. Per quali ragioni nell’universo-2 le pareti di un’astronave dovrebbero animarsi improvvisamente? Non è e non sarà mai dato saperlo.
Il punto cruciale della trama è che le motivazioni dei “nostri” (quelli partiti da Terra-1) e della scienziata di Terra-2 sono identiche ma di verso opposto: ognuno vuole salvare il proprio pianeta, e pazienza per l’altro. L’algida e di molto antipatica scienziata-2 tira l’acqua al proprio mulino, e boicotta come può i più etici astronauti-1, ma alla fine viene neutralizzata, dopo averne ammazzati non meno di tre. Finisce così? Neanche per idea. Il supergeneratore della non meglio identificata risorsa energetica ha, come dicevamo, più di qualche bug collaterale, tra cui spicca l’indesiderabile proprietà di spalancare porte del multiverso a bestiacce di natura ignota, dimensioni ragguardevoli (sui 4-5 km di altezza) e atteggiamento assai poco amichevole. Il film pertanto si chiude con i superstiti della stazione spaziale-1 che fanno ritorno sulla Terra di legittima appartenenza, ancora inconsapevoli che se il problema energetico è stato risolto ora bisognerà lottare contro i mostri giganti sparati da qualche universo parallelo.
Il film non è male e il non nuovissimo escamotage di creare un senso di spiazzamento mettendo tutti davanti a uno specchio funziona pur - questa volta - senza insistere troppo sui dubbi interiori che si formano in ogni personaggio. La vicenda personale della graziosissima Gugu Mbatha-Row/Hamilton ripropone i temi già visti in Another Earth, ma meno incisivamente in quanto mera sottotrama del plot principale. David Olyelovo/comandante Kiel si conferma ancora una volta adatto a prestare il volto a personaggi indecisi, e a brillare resta Daniel Bruehl/Schmidt, che da Goodbye Lenin a Rush a Bastardi senza gloria a questo Cloverfield Paradox sembra a proprio agio in qualsiasi ruolo.
Ora vediamo cosa si inventeranno per Cloverfield 4, già in preparazione.
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