Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
mother! è lo zenit del tutto così come del nulla. Un’opera senza mezze misure, meritevole di un amore assoluto o dell’odio più profondo. Senza riserve, pescando ovunque per poi essere unica,essendo semplicemente… mother!. Benvenuti alla fine del mondo, quello che conoscete bene, che potrebbe impazzire improvvisamente, anche adesso, anche ieri.
Venezia 74 – Concorso ufficiale.
Questa volta, Darren Aronofsky l’ha fatta fuori dal vaso e, pensate un po’, l’ha fatto pure apposta. Sì, la sua opera è iperbolicamente assurda, praticamente inventa una personale forma di comunicazione - volutamente volgare , da fastidio istantaneo - che va oltre qualsiasi norma, tranquillamente etichettabile come scemenza del millennio, ma poi lo fa con una coerenza totale, portandola alle sue estreme conseguenze. Un aspetto che può cambiare ogni cosa o che, per lo meno, lo può fare nei confronti di chi si è trovato intrappolato nella tela che erige.
Attenzione, non si tratta di ricatto, perché come linea di principio crea un astio assoluto da parte di chi guarda, tale per cui l’ipotesi di furbizia non può sussistere. Già, sarà fischiato ovunque (a Venezia c’è pure chi ha urlato «assassino»), ma raggiunge un punto di rottura tale da permettergli di trovare uno sparuto gruppo di fedelissimi e, probabilmente, di figurare tra i pochi titoli odierni di cui si parlerà ancora tra una cinquantina di anni. Magari per ricordare l’Ed Wood degli anni duemila o, forse, per parlare di un genio. Tutto o niente, mother! è questo, le mezze misure sono bandite.
La vita di una coppia apparentemente felice (Jennifer Lawrence e Javier Bardem) è messa a soqquadro dall’arrivo di un ospite indesiderato (Ed Harris). Dopo poche ore, arriva anche sua moglie (Michelle Pfeiffer) così, come se niente fosse, comportandosi come se fosse a casa sua. Dopo un momento di tensione estrema, la coppia ritrova la sua serenità: lei finalmente rimane incinta, mentre lui trova l’ispirazione per scrivere un romanzo, dopo anni di silenzio. Sarà un successo fuori scala, tanto da portare nella loro casa sperduta nel nulla sempre più attenzione, al punto da concentrarci il mondo intero, nella peggiore delle sue declamazioni.
Abituati a un’omologazione globalizzata che inghiottisce - e poi deglutisce senza far caso agli aromi - qualsiasi cosa, nel solco di un cinema di massa sempre più normato e di quello d’autore che preferisce armeggiare su campi ben identificati, mother! rappresenta un unicum.
Come tale, può essere bello o brutto (o anche tremendo come in tanti affermano), ma non passa in cavalleria. Già così avrebbe un pregio (che ha, fra un anno, quando farò l’elenco dei film più opinati, sarà tra i primi cinque… quanto è bello disquisire di cinema): far discutere, sollevare gli animi, smuovere dal torpore generalizzato che fa urlare all’unisono al capolavoro o al disastro, riducendo la critica a un esercizio dal valore contenuto, se non addirittura irrilevante.
Mother! agisce su un territorio tutto suo, opinabile fino a generare un odio profondo, una repulsione totale. Le assurdità che produce a ripetizione, con la più esaltata noncuranza del pericolo, vengono raccolte, non si tratta di errori ma di una volontà estrema, di frammenti appartenenti a un percorso, di primo acchito semplicemente disturbante e successivamente deformante.
L’ottica di Darren Aronofsky degenera la realtà, la distorce come fosse un mostro tentacolare, arrivando a racchiudere la peggior risma dell’umanità in quattro stanze, raggruppando i peggiori incubi, arrivando all’apocalisse, non prima di aver creato un fronte degno della guerra più mostruosa (tutto in una stanza).
Una degenerazione che richiede aggettivi in serie: sprezzante di ogni ordinamento, sfrontato per come connette i rapporti umani, conturbante per come procede, vorace per come vuole tutto, estraneo per come fa sentire fuori luogo, folle, solo perché pensiamo di vivere in un altro mondo, disarmante per come lascia impietriti, diabolico per come porta l’inferno nel ventre di una casa, rabbrividente perché alcune estremizzazioni attecchiscono su quanto ben conosciamo.
Alla fine, se mi sento di attribuire un demerito, dico che poteva andare ancora oltre, calpestando ancora di più la vita (odio per odio, tanto vale devastare qualsiasi frontiera), evitando alcune allegorie e una chiusura del cerchio quasi sicuramente pretestuosa, troppo generica rispetto a un itinerario destabilizzante, visto il suo cadere a valle del delirio più assoluto.
Ma poco importa, mother! rimane la forma cinematografica più prossima a quel delirio che non vorremo mai trovarci di fronte, un incubo senza fine, un mix tra Rosemary’s baby, citato esplicitamente fin dalla locandina, Zombi, per il fare compulsivo che segna il climax più lungo e devastante a memoria d’uomo, e Re per una notte, perché la fama genera, e fa diventare, mostri: malignamente parlando, il red carpet del film, con la folla che spinge famelicamente per uno scarabocchio, spodestando il più debole, non è altro che il preambolo, per quanto ancora distante anni luce (…), di mother!.
Mostruoso, malato e fastidioso fino all’ossessione, una piramide di mille paure che mostra quanto non vorremmo vedere mai.
P.s. 1. Note sul cast. Un film del genere, più unico che raro, produce flussi incontrollabili di parole (forse al vento), positive o negative che siano. Impossibile piazzare nel mezzo note sul cast. Orbene, visto l’utilizzo maligno, il rapporto tra Darren Aronofsky e Jennifer Lawrence solleva curiosità morbose e meriterebbe di essere approfondito (note da gossip, note da mother!). Lei bravissima a far percepire un disagio che sfocia nell’assurdo, Javier Bardem sembra un po’ un tonno ma probabilmente rientra nella logica degli eventi, Michelle Pfeiffer non si vedeva così esplicitamente lussuriosa dai tempi di Batman returns e Ed Harris è mefistofelico allo stato puro. Se il mondo non fosse ingiusto - e un po’ mother! - almeno loro due sarebbero da ritrovare nella notte degli Oscar.
P.s. 2. I fantomatici pallini di Filmtv.it. Per l’occasione, di mother! ce ne è una e basta, enuncio pure i pallini dei singoli campi, altrimenti rischio che mother! venga a prendermi a casa e stanotte vorrei dormire tranquillo. Mother! odia i complimenti e gliene ho già fatti fin troppi.
Humour: 2. È talmente assurdo che prima di scatenare l'inferno strappa ghigni sbilenchi. Voluti o meno, chissà.
Ritmo: 2. Che è ‘sto ritmo? Mother! non si ferma mai e mai lo farà, il suo è un ricircolo continuo, si nutre di noi e quando ha finito passa alla cavia successiva ricominciando tutto daccapo.
Impegno: 3. Per fare un capolavoro/scemenza del genere ce ne vuole tanto. Comunque la pensiate, nel bene o nel male, mother! è con voi, ora e per sempre.
Tensione: 5. Quando lo sbarco in Normandia, la fuga da Dunkerque e l’Isis s’insediano nello stesso luogo, non ce ne può essere di più, sempre se nel frattempo il gioco aronofoskiano non vi ha già maciullato gli zebedei a sufficienza.
Erotismo: 2. Quella gran figliola della Jennifer Lawrence è usata sadicamente dal suo partner, chissà che combinano quando sono da soli. Forse Mother! 2 ci potrà fornire delle risposte.
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