Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Fenomeno Aronofsky: trattasi di fenomeno di scalpore fra i banchi della critica, e si verifica ogniqualvolta i registi più chiacchierati come von Trier, Noé, Malick, Korine o proprio Aronofsky, tirano fuori un prodotto dei loro. Ma se per i primi lo scombussolamento critico è giustificato, molto di meno lo è per i film di Darren Aronofsky, poiché sostanzialmente il suo cinema è pura mediazione, fra il cinema "semplicemente" hollywoodiano e spettacolare, e il cinema schizofrenico e ipercinetico del cyberpunk giapponese, fondamentalmente il Tetsuo di Tsukamoto che ha fatto scuola un po' ovunque. Il cinema di Aronofsky ha di positivo il fatto che mostra al pubblico del cinema hollywoodiano nuovi orizzonti, che di fatto la critica dovrebbe già conoscere, col risultato che fenomeni di scandalo per film affatto estremi (come non lo è, di fatto, mother!) potrebbero tranquillamente essere evitati, a meno che non li si voglia leggere come motori che fanno andare avanti il Cinema, e allora ben vengano, specie se si tratta di film che introducono in scenari convenzionali e stra-usurati qualcosa che, contestualmente a quegli scenari, è innovativo.
mother! è l'ultima fatica di Aronofsky, ed è ascrivibile a un genere tutto particolare, l'horror cosmico. E' probabilmente la vetta del regista newyorkese, in quanto si tratta di un film-confessione. Aronofsky confessa di essere tendenzialmente un regista grossolano e logorroico, incapace di usufruire dell'arte del non-visto e del non-detto, e quindi è spinto da se stesso a esprimere tutto e subito. Non è un caso che quest'ultimo film abbia avuto una gestazione molto breve. Partendo dunque da premesse (chiare fin dai tempi di The Fountain) che il suo cinema dice, a livello contenutistico, cose banali, ci si potrà forse immergere nell'esperienza dei suoi film. E' pur vero che il candore del "messaggio" di mother! contrasta in maniera affascinante con la caotica messa in scena, così come le enormità visive di The Fountain erano il mezzo per un "messaggio" limpido e semplice; dunque si può finire per accettare la banalità, perché non è il nodo centrale: è necessario cedere al compromesso, alla "mezza misura" del suo Cinema. Il risultato è, nel caso di mother!, un'immersione totale in un fiume in piena, uno stravolgimento sensoriale che da spazi e tempi definiti e precisi cede il posto alle deformità, all'imprevisto, all'esagerazione dei dialoghi, all'assurda inesorabilità degli eventi, all'indefinito irregolarizzarsi degli spazi conosciuti. E mentre Aronofsky ci trasporta in un calvario che forse mette in mostra i mali dell'intera umanità, costruisce strada facendo una metafora vera e propria, semplice e lampante, urlata in faccia senza allusioni; una metafora la cui forza non sta in ciò che viene detto in altre parole (come vorrebbe la figura retorica in questione), ma in come lo viene detto.
Quindi scrivere del simbolismo di mother! è forse privarsi dell'intero piacere del viaggio, per il resto difficilmente raccontabile, e da vivere a occhi e orecchie aperti, poiché ciò che non si può negare al regista statunitense è che nei suoi film i sensi (vista e udito) vengono amplificati a dismisura, fino all'esplosione. Dunque, un film che probabilmente non merita né lodi sperticate né stroncature esagitate, ma il cui apprezzamento è veramente solo (letteralmente) negli occhi (e nell'esperienza) di chi lo guarda. Non è un de gustibus, ma un'avvertenza: un film non va capito, ma vissuto.
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