Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Un film che non invecchia mai. Finalmente da me visto per la prima volta in versione integrale. Clint Eastwood, ancora lui, non sbaglia un colpo. Capolavori su capolavori distillati con classe impari. Che uomo!
Ebbene, oggi recensiamo il sempreverde e bellissimo, struggente I ponti di Madison County.
Ebbene, per il nostro consueto e periodico appuntamento coi Racconti di Cinema, oggi recensiamo il sempreverde e bellissimo, struggente I ponti di Madison County.
Intramontabile, grande film neo-romantico, toccante e memorabile del mitico Clint Eastwood, I ponti di Madison County uscì sui nostri grandi schermi circa un trentennio or sono, ovvero nel lontano oramai ‘95.
Film della notevole, eppur mai noiosa, lunga durata di due ore e quindici minuti, tratto dall’omonima novella di Robert James Waller, I ponti di Madison County è sceneggiato, in maniera impeccabile, da un ispirato e finissimo Richard LaGravenese (La leggenda del re pescatore, L’uomo che sussurrava ai cavalli, The Comedian) ed è messo in scena, con cineastica e raffinata classe impareggiabile, da un Eastwood, al solito, in rinomato spolvero dietro e davanti la macchina da presa.
I ponti di Madison County, malgrado il ragguardevole favore dei pubblico mondiale, all’epoca della sua release, fu amato solo parzialmente dalla Critica. Che rimase alquanto interdetta e non poco perplessa dinanzi all’inaspettata incursione, all’apparenza remota dalla sua usuale poetica, di Eastwood nel genere drammatico e dolcemente intimistico, cioè romance.
Trama:
l’attempato ma ancora affascinante, prestante e aitante fotografo freelance del National Geographic, Robert Kincaid (Eastwood), irrompe fatalmente nella vita della casalinga Francesca (Meryl Streep), donna di mezz’età originaria di Bari, emigrata negli States dopo aver conosciuto il suo attuale marito di nome Richard Johnson (Jim Haynie), ex soldato al fronte, nella nostra penisola.
Francesca è rimasta sola, nella sua casa dello Iowa, per quattro giorni in seguito alla momentanea assenza del suo consorte e dei suoi due figli adolescenti. Al che, in una rigogliosa mattinata solare, nei pressi della sua abitazione viene approcciata da Kincaid. Il quale, gentilmente e galantemente, le chiede informazioni riguardo il tragitto da compiere per poter raggiungere, quanto prima, il suggestivo Ponte di Roseman. Che sarà presto oggetto del suo nuovo, fotografico servizio da reporter.
Fra i due sarà e scatterà stupendo amore a prima vista, scoccherà cioè il cosiddetto, classico colpo di fulmine folgorante. Francesca e Robert vivranno quattro giorni assai intensi di passione amorosa, un amour fou fuggevolissimo ma, al contempo, indimenticabile e vivissimo.
Che Francesca narrerà ai suoi figli nei suoi intimi e privati diari consegnati loro dopo la sua morte e custoditi gelosamente a forma testimoniante di delicato testamento del suo incolpevole, suadente eppur brevissimo segreto personale, fino a tale momento, celato soltanto nel suo cuore perdutamente e imperituramente legato a quegli ardenti, focosi, fuggenti attimi romantici per lei e Robert giammai dimenticati e dunque metaforicamente immortali.
Film meraviglioso, I ponti di Madison County, ove Eastwood dirige la Streep in modo fenomenale. Una Streep candidata giustamente all’Oscar, sconfitta forse immeritatamente da Susan Sarandon di Dead Man Walking. Quest’ultima molto brava ma probabilmente meno, per l’appunto, in tal caso della Streep. Dichiaratamente ispiratasi, per la sua prova sofferta e assai emozionante, ad Anna Magnani.
Mai dolciastro o banale ma semplicemente poetico e lievissimo, I ponti di Madison County, superbamente fotografato da Jack N. Green (Gli spietati), rimane a tutt’oggi un film insuperabilmente magistrale, semplice ma forte e soave.
Capace di toccare potentemente le corde del cuore con autentica sensibilità d’alta scuola liricamente stilistica.
di Stefano Falotico
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