Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Clint Eastwood è stato sempre un regista molto eclettico nella sua carriera e poco rinchiudibile in un preciso schema, anche se tutto ti aspetti tranne che un melodramma. Credo che nel 1995 abbia sorpreso tutto e tutti, quando decise di girare I Ponti di Madison County e sicuramente visti i ruoli da duro, giustamente si era perplessi e poco in linea con la sua poetica.
Eastwood come al solito smentisce tutti, riuscendo a confezionare uno dei migliori film romantici di sempre, che insieme a Il Silenzio Sul Mare di Takeshi Kitano e Edward Mani di Forbice di Burton è una delle vette del genere negli anni '90.
Il problema dei film romantici sono le facili emozioni per via del fatto che sono melensi al massimo, con dei dialoghi stiracchiati (Tu mi ami? Sì, tu mi ami? Sì, più di te...) e situazioni fuori dalla realtà che cozzano quasi sempre con la scena successiva o precedente (quante volte un personaggio "trasgressivo", diviene improvvisamente "dolce"? Una marea, ed è proprio questo che non torna molto spesso). Vedendo questo film, si vede subito come questa vicenda toccante, struggente, ma colma di cura e dettagli per le piccole cose, sia così realistica da poter tranquillamente accadere al giorno d'oggi.
Clint Eastwood sforna una regia oramai priva di qualsiasi difetto tecnico, dove il suo stile classico ben si confà allo spirito e all'essenza della storia narrata. La semplicità e la cura dei dettagli rendono fenomenale e molto gradevole questa pellicola lungo la durata di oltre due ore, con un ritmo posato, misurato, che non eccede mai in eccessi patetici.
Un paio di punti melensi vi sono ed è inutile negarlo ("Sei così bella che mi metterei ad urlare", potevamo risparmiarcelo vero Clint ?), ma ci si ritrova innanzi ad una storia romantica struggente e che sa' emozionare, senza risultare sovrabbondante e zuccherosa da far venire il diabete.
L'amore per la libertà e il libero vagare del fotografo Robert Kincaid (Clint Eastwood), contrapposta alla mentalità della provincia e al dovere di mandare avanti la famiglia da parte di Francesca (Meryl Streep). La vicenda è ambientata negli anni '60, dove la famiglia viveva il suo status di elemento sacro e ben lungi dall'essere demolita dal '68 e dai movimenti studenteschi che reclamavano maggior libertà e meno vincoli alle tradizioni passate.
Kincaid è contro l'istituto del matrimonio, perchè non permette di cambiare, costringendo ad appassire in un'eterna fissità, che cozza contro il fluire intenso della sua vita. Francesca invece, si trova combattuta tra i doveri di madre e di donna di casa e il suo amore verso quest'uomo che sembra portare una ventata di novità nella sua vita immobile.
Le poche scenografie sono sublimi e realistiche nella costruzione, la fotografia è di lodevole spessore e la colonna sonora è poco invadente, accompagnando la costruzione della immagini di Eastwood, che ci regala delle sequenze memorabili, come quella del furgone sotto la pioggia o il finale potente nel suo minimalismo.
Una pellicola veramente ottima, complice anche il dualismo riuscito tra l'Eastwood (che nonostante gli oltre 60 anni, è un partner credibile per la Streep più giovane di lui di 18 anni!) dietro e quello avanti la macchina da presa, che esprimono due visioni opposte, ma al contempo complementari. Tra l'altro risulta essere anche una delle sue interpretazioni più belle, dove impara oramai a comunicare il tutto con un'occhiata semplice o uno sguardo particolare innanzi alla macchina da presa.
Il tema di fondo del film, rimanda molto ad una morale tipica dei film di Ozu, specialmente nel suo capolavoro assoluto Tarda Primavera (1948); il collettivo prevale sui desideri egoistici individuali, ma questa non è una mortificazione dell'essere umano, ma un modo di concepire e vivere i sentimenti in modo molto più consapevole. Un epilogo amarissimo, ma necessario nell'ottica della famiglia e nell'andare avanti. Un sacrificio di sé, per un qualcosa che vada ben oltre il proprio orticello quindi, e la scelta di Francesca non comprensibile forse da un pubblico giovane, lo sarà per un pubblico più adulto. Meryl Streep, complice anche la scelta di Eastwood di girare le sue scene in ordine cronologico (lui produce quindi può permettersi di spendere di più) e solo 2 massimo 3 riprese per scena (cosa che ha spiazzato la Streep come ha dichiarato negli extra, visto che evidentemente è abituata a molti ciak), è alla sua miglior perfomance della sua carriera dopo La Scelta di Sophie (1982). Una prova gigantesca, di frustrazioni sopite, desideri celati e tormenti interiori lancinanri senza mai scadere in manierismi inutili.
Costato 22 milioni (se li sono magnati solo Eastwood e Streep? Mi pare una cifra abnorme per quel che si vede nel film), ne incassò oltre 180 e ebbe nomination all'Oscar per la sola Streep; il film, come altri belli di quell'annata, venne inspiegabilmente ignorato.
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