Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
In un periodo di tiepidezza col marito, lei incontra l'uomo che avrebbe dovuto incontrare prima.
*** ANTICIPAZIONE DEL FINALE *** Eastwood abbandona i duri e gli spietati per mostrarci quello che probabilmente è un'altra zona della sua anima, e lo fa con la sua solita classe. Questo è infatti un buon film sentimentale, romantico, mai sdolcinato, sincero, dolente, amaro, che riesce a mantenere la neutralità o quasi su una vicenda che desta molti interrogativi.
La posizione del regista forse non esiste, o forse è nascosta. Questa storia di amore mancato non è un inno alla libertà e al divorzio, e non taccia di viltà il comportamento di Francesca per non aver la forza di lasciare la famiglia. Non è neppure una lode del matrimonio visto in senso assoluto, e non condanna il fatto che lei tradisca il marito e si lasci andare ad una relazione che sa essere senza futuro, o comunque fonte di dolore. Che cosa resta, dunque? La narrazione ben condotta di come di sono svolti gli eventi, e l'attenzione all'interiorità, al passato e al presente dei personaggi, dove si cercano i motivi delle loro scelte.
Si potrebbe dire che la pellicola ci dica: è andata così e basta; nessuno ha torto e nessuno ha sbagliato; lei si è innamorata dell'uomo giusto al momento sbagliato; sono stati tutti sfortunati. Tuttavia, forse a prescindere dall'aspetto morale dell'adulterio, nel film si vede comunque un momento in cui tutti sono ancora in tempo per tirarsi indietro con solo qualche graffio, e non un trauma che resta. Mi riferisco a quando il fotografo (Eastwood stesso) assiste in paese alla scena di un'adultera che entra in bar e su cui tutti puntano il dito, deridendola o sdegnandosi di lei. Lui dunque telefona a Francesca e le chiede se non sia il caso di lasciar perdere, e lo fa sinceramente; lei però, dopo aver pensato un attimo, dice che vuole che si vedano ancora. Quel momento è il sottile crinale in cui da una parte c'è la buona uscita con un piccolo strappo, dall'altra una passione inarrestabile che li lascerà col pianto nel cuore per il resto della vita, sia che lei lasci la famiglia o lui. Quel momento rappresenta la scelta a disposizione dei protagonisti, finché sono in tempo, visto che il primo incontro è stato involontario, e il rivedersi incauto ma non di più. Quello che avverrà per il resto della loro vita sarà scelta loro.
E' anche ravvisabile come la sceneggiatura metta in evidenza una situazione preesistente favorevole all'adulterio. Col marito e coi figli, infatti, Francesca parla poco; conduce una vita monotona, senza tensioni, ma con poco amore e in modo apatico. Se dai figli adolescenti non ci si può aspettare tanto interessamento, dal marito tuttavia sì. Lui però è distaccato, e bada poco alla moglie come persona con i suoi sentimenti e le sue esigenze. Tra loro non c'è dialogo. Senza un briciolo di cattiveria, perché è un buon uomo, però la trascura.
La scena dell'addio sotto la pioggia è commovente, proprio lirica. Sono sentimenti che tanti altri registi hanno tentato invano di comunicare.
La grandezza di Eastwood sta anche nel dirigere i suoi film in modo classico e senza alcun vezzo d'autore; il regista cioè non cerca a tutti i costi uno stile personale, qualcosa che lo renda unico. Si accontenta - detto con un po' di ironia - di fare le cose bene. Insomma, non si sciupa con il voler strafare. Però sia la recitazione degli attori che l'uso della cinepresa sono di alto livello, e senza scossoni o salti nel ritmo.
La strana coppia di protagonisti, con tutto il fardello di anni che li separa, funziona bene. La Streep dà il suo meglio, ma anche Eastwood, con quei suoi sguardi e quelle espressioni appena abbozzate, sa lasciare il segno. Un film che non invecchia.
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