Regia di Riccardo Milani vedi scheda film
Lui medico e lei ingegnere, sposati, entrano in crisi; hanno tre figli ormai grandicelli e, preferendo entrambi concentrarsi sulla carriera professionale, nessuno dei due vuole più occuparsene. Comincia così una gara di scorrettezze nei confronti dei ragazzini, da parte di ciascun genitore, per fare in modo che scelgano l'altro.
L'ennesima pagina di un triste capitolo, quello degli instant-remake; un capitolo che denuncia la povertà di idee di un cinema italiano sempre più in crisi, ma in fin dei conti una pagina nel suo contesto brillante. In genere in questi anni i registi nostrani mettono in scena successi appena usciti in Sudamerica o in Francia: qui parliamo della seconda via, poichè l'originale era O mamma o papà diretto da Martin Bourboulon nel 2015; dopo aver constatato che la mancanza di fantasia comincia già dalla scelta dei titoli, ci si rende pure conto che la distanza temporale fra le due pellicole è stata davvero molto esigua, cosa che lascia a maggior ragione perplessi. Eppure l'esperto (soprattutto di tv) Riccardo Milani riesce a far tesoro dei pochi punti forti a disposizione: tanto per cominciare sua moglie Paola Cortellesi, protagonista (come sempre) impeccabile al fianco di un come sempre irresistibile Antonio Albanese; e poi va sottolineata la discreta resa estetica del lavoro, nettamente superiore agli standard delle fiction catodiche o delle commediole cinepanettonesche (fotografia di Saverio Guarna, musiche di Andrea Guerra, scenografie di Maurizio Leonardi). In sceneggiatura il regista e la protagonista sono affiancati da Giulia Calenda, ma il soggetto originale è naturalmente quello di Bourboulon (e di Alexandre de la Patelliere e Guillaume Clicquot); fra gli altri interpreti: Stefania Rocca, Carlo Buccirosso, Anna Bonaiuto e Matilde Gioli. Difetto principale dell'opera: tarda e parecchio a partire; la prima ora scorre lieve come un macigno, ma i restanti 40 minuti, va detto, sono assolutamente spassosi, a prescindere dal lieto fine posticcio, ma forzato data la destinazione del lavoro al grande pubblico. 3,5/10.
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