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Dopo la guerra

Regia di Annarita Zambrano vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Dopo la guerra

di axe
5 stelle

L'omicidio, nel 2002, del giuslavorista Marini, professore universitario, attira l'attenzione su un ex-terrorista di estrema sinistra, Marco Lamberti, latitante dal 1981, in quanto fuggito in Francia in seguito all'omicidio di un giudice. Nella nazione d'oltralpe, Marco ha potuto rifarsi una vita grazie alla tranquillità garantita dall'applicazione della Dottrina Mitterrand, secondo la quale non era concessa l'estradizione per chi, dopo aver commesso reati politici, si era stabilito in Francia rinunziando alla lotta armata. Incidentalmente, nel 2002 la Dottrina Mitterrand smette di essere applicata, e Marco rischia di essere estradato in Italia, pertanto organizza una fuga in Nicaragua, dove vorrebbe recarsi portando con sè la figlia adolescente Viola, che non ha mai visto la famiglia del padre e non vorrebbe seguire il genitore in una fuga perenne. In Italia, nel frattempo, la famiglia di Marco sconta ingiustamente le colpe dell'uomo. La madre è fatta oggetto di minacce, la sorella, insegnante, è costretta ad interrompere l'attività ed il cognato, magistrato, deve rinunciare ad un avanzamento di carriera. Questo film racconta uno spaccato di storia di una famiglia divisa al suo interno da un passato di lotta armata. I membri della famiglia in Italia sono stati privati di affetti - Marco ha avuto, tra l'altro, un fratello morto durante gli "anni di piombo" - e hanno dovuto affrontare la vita a fianco dell'ingombrante presenza - ovviamente, intesa in senso metaforico - del parente latitante, pur non mostrando alcun interesse o affinità con la sua ideologia. Dal suo canto, l'ex-militante non è pentito del sangue versato. Sfrutta la visibilità che gli offrono i media, ai quali non si sottrae, per giustificare le sue azioni; incidentalmente, ciò, danneggia ulteriormente i familiari. Non estranea al dramma è la figlia, alla quale è impedito di vivere in serenità come le altre coetanee. Non ho molto apprezzato il film, per prima cosa per la conclusione, che sembra quasi posticcia; quasi casualmente, Marco si toglie di mezzo, e Viola può finalmente abbracciare i parenti mai conosciuti. Mi sfugge, inoltre, il senso del film. La regista crea un complesso quadro familiare, reso realistico da un buon livello di recitazione (nel cast ci sono nomi di rilievo, come Barbora Bobulova e Giuseppe Battiston) e dal tipo di sentimenti che lega i vari parenti. Esempio, Teresa, la mamma di Marco, avendo già dovuto sopportare la perdita di un altro figlio, dichiara che preferisce non vederlo ma saperlo vivo e libero, piuttosto che poterlo incontrare dietro le sbarre. Non c'è, però, molto altro. Nonostante la breve durata, i tempi morti sono tanti. Molto spazio è dedicato alla descrizione della vita di Marco con l'infelice Viola; altro spazio mostra le conseguenze della rinnovata attenzione mediatica sull'ex-militante. Tuttavia, succede poco; ma l'appunto principale è che la regista non sembra prendere posizione sul nodo del perdono per i coinvolti nei fatti di sangue di matrice politica, una questione estremamente dibattuta e divisiva per la nostra società. Sceglie di non assumersi questa responsabilità, dedicando maggiore attenzione agli aspetti sentimentali della vicenda. Il film, dal ritmo lento e dalle tonalità cupe, è interessante per tema e recitazione; ma la conclusione giunge improvvisa senza che alcun quesito "morale" sia sia stato risolto.

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