Regia di Colin Higgins vedi scheda film
Una neodivorziata al suo primo impiego (Fonda), una disincantata funzionaria in attesa di promozione (Tomlin) e una segretaria finta oca (Parton) si alleano contro le angherie del capufficio, arrivando a sequestrarlo in casa sua per settimane in assenza della moglie. Fra la prostituzione istituzionalizzata di L’appartamento (1960) e il precariato esistenziale di Clockwatchers (1997) il punto intermedio sono commedie come questa e Una donna in carriera (1988): tentazioni rampantiste, voglia di ribellione, solidarietà femminile. L’inizio si colloca su un piano realistico, poi si preme decisamente sul pedale del grottesco: esemplari in tal senso le sequenze oniriche (e inconsapevolmente anticipatorie) in cui ciascuna delle donne immagina come far fuori il superiore. Forse la forza di denuncia ne risulta un po’ sminuita, ma il risultato è divertentissimo; e comunque fra le righe si può leggere qualche considerazione seria sulla vita d’ufficio, resa più vivibile dalle innovazioni introdotte dalle tre (part time, asilo nido). La regia anonima viene riscattata da una grande prova delle protagoniste; Dolly Parton, all’esordio, allude con ironia alla sua professione di cantante country (sogna di prendere al lazo il capufficio e di legargli le gambe come a un vitello in un rodeo) e interpreta la canzone del titolo, candidata all’Oscar.
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