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Willy 1er

Regia di Ludovic Boukherma, Zoran Boukherma, Marielle Gautier, Hugo P. Thomas vedi scheda film

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La recensione su Willy 1er

di alan smithee
7 stelle

CANNES ACID 2016 – MY FRENCH FILM FESTIVAL 2018

In una famiglia contadina nel cuore della Francia agricola, due anziani genitori gestiscono due figli ormai cinquantenni frutto di un parto gemellare un pò complicate, che li ha volute come due gocce d’acqua, entrambi coesi come un unico individuo, e pure un pò deboli a livello di nervi.

Dopo innumerevoli tentativi andati a male, l’ennesima un po’ grottesca impresa suicida del gemello del nostro protagonista finalmente (per lui) riesce, e l’uomo viene ritrovato cadavere appeso ad una corda.

Distrutti i genitori, frastornato il gemello Willy, che solo da quel momento si capacita cosa significhi affrontare il mondo circostante senza la sua identica speculare metà.

I tentativi di rifarsi una vita distante dagli anziani genitori, che vorrebbero relegare per il suo bene il figlio in un istituto per pazienti malati di mente, non danno i risultati sperati e Willy si ritrova dapprima solo o accanto ad un amico sfigato quanto lui, poi rifugiato presso la paziente e tollerante tutrice (la interpreta una materna Noémie Lvovsky), poi di nuovo solo nel tentativo di coronare il suo sogno di indipendenza (un appartamento tutto per sé e uno scooter), forte di un lavoro come magazziniere al supermercato del paesone in cui si è trasferito.

Ma le compagnie si rivelano a volte infide e traditrici, e Willy commette altresì l’errore di appoggiarsi a loro anziché al collega di lavoro spigoloso ma sincero, che avrebbe potuto aiutarlo a porre termine alla sua desolante spiazzante solitudine da gemello superstite.

Frutto di una regia collettiva che comprende ben quattro nomi (Boukherma Ludovic e Zoran, Gauthier e Thomas), Willy 1er è un film che sa cogliere il disagio del sentirsi fuori dal mondo e dalle convenzioni che aiutano a vivere in linea con la massa e con le tendenze che contano.

L’attore “forse per caso” Daniel Vannet interpreta alla perfezione dapprima entrambi i gemelli, poi solo quello superstite, Willy appunto, conferendo quel fisico storto e placidamente deformato che lo rende un soggetto idealmente da cui tenersi alla larga, o da utilizzare come bersaglio di scherno dal gruppo che tende a fare branco.

Ne scaturisce innanzi tutto un ritratto fine e sfaccettato di una fraternità gemellare che solo chi realmente vive la condizione di gemello (anche non mono-zigota, come il sottoscritto), ben comprende ed in qualche modo ha, con le dovute proporzioni, già avuto modo di provare e comprendere.

La prima parte del film è esemplare nella introspezione di un personaggio fantastico in cerca di riscatto e di dare un senso alla propria personalità schiacciata dalla dualità di un parto gemellare che indubbiamente segna, nel bene come nel male; poi il film sceglie di percorrere la via della denuncia sociale, inerente una comunità ingannevole e deviante che spesso sfrutta e spolpa voracemente i polli che ingenuamente le si affidano con incauta fiducia; e la via della denuncia della intolleranza verso i diversi, coloro che non si uniformano tanto facilmente o automaticamente ai dettami socio-etico-sessuali di una collettività che tende ad appiattire e a escludere, spesso con scherno o violenza, chi non decide o vuole adeguarvisi. In questa sua seconda parte il film perde parte della sua forza e della verve accumulata, ma Willy 1er rimane una piccola opera interessante e vitale che merita assolutamente la visione.

 

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