Regia di Abdellatif Kechiche vedi scheda film
VENEZIA 74 - CONCORSO
MEKTOUB ovvero "destino" in arabo, seguito dalla parola "amour" che tuttavia in tunisino impariamo dai giovani protagonisti come possa esprimersi attraverso due termini, due concetti, due accezioni, probabilmente inerenti uno la circostanza più materiale e fisica, e l'altro un riferimento più mentale ed affettivo.
Nel ritratto di una gioventù di metà anni '90 che si ritrova e raduna nei ristoranti, bar e discoteche di una amena località estiva occitana come Sète, cittadina turistica della costa sud francese posta a metà strada tra Marsiglia ed il confine spagnolo, il regista franco tunisino Abdellatif Kechiche torna al cinema col primo capitolo di una nuova fatica che unisce una esperienza giovanile autobiografica, con i tratti, liberamente adattati, di un romanzo, "La blessure, la vraie "di François Bégaudeau, autore altresì de La classe da cui Cantet ha tratto il suo omonimo celebre e premiato film.
E l'amore di e per Kechiche è, ora ancor più di sempre, la conferma di quanto già mostrato nelle sue opere precedenti, ovvero qualcosa di fisico, di carnale, di fisiologico, naturale, che può essere ostentato o almeno manifestato nella sua più sincera purezza e disincantato passionale trasporto.
Il ritorno a casa da Parigi da parte del ventenne Amin per trascorrere un paio di mesi sabbatici dopo mesi di lavoro, studio e sforzi creativi su sceneggiature da proporre a produttori cinematografici nella capitale francese, avviene nel periodo delle vacanze estive. Una madre orgogluosamente single, accondiscendente e felice di riaverlo a sé, lo invita a svagarsi assieme agli amici e all'affascinante cugino donnaiolo, incantatore inguaribile di ragazze.
Ma pure Amin è un bel ragazzo, non meno di suo cugino, e non passa inosservato alle ragazze, che lo desiderano più di quanto egli invece desideri loro: a differenza del cugino infoiato e farfallone, Amin vuole capire, osservare, studiare i caratteri delle belle ragazze che gli stanno attorno, propendendo per quella seconda accezione di amore completamente ignota al suo coetaneo parente.
Per questo molte occasioni svaniscono a favore dei molti altri contendenti, spesso meno attraenti, ma più combattenti e risoluto del nostro ragazzo.
Mektoub procede senza un vero percorso narrativo, più che altro per accumuli di situazioni, tra feste, lunghi discorsi in famiglia mentre si pranza al mare, o si cena al ristorante di famiglia, o ancora mentre si balla in modo forsennato al ritmo tecno-dance di una disco music anni '90 un po' vuota ma travolgente.
E Amin vaga bello e risoluto tra una gioventù altrettanto spensierata da rasentare l'indolenza, come un alieno pensieroso intento a cercare di catturare la bellezza e la spontaneità tra i volti ed i corpi che lo circondano, entro una baraonda di affetti ed istinti erotico-passionali talvolta non facili da gestire e controllare. E arrivando a trovare i tratti essenziali di questa bellezza e perfezione solo isolandosi, esttaniandisi da quel mondo futile e ridanciano, nell'intimità di una stalla, immortalando le istantanee di un parto ovino che rimane, non mi vergogno ad affermarlo, uno degli istanti più emozionanti, anzi commoventi, di tutto il festival veneziano nr. 74.
Il cinema e lo stile del racconto del cinema di Kechiche possono risultare, ed a tratti lo sono realmente, piuttosto estenuanti: ma lo sguardo e la direzione del cineasta sono esemplari e personalissimi, improntati ad un realismo che qui ci può ricordare, più per identità di luogo che stile vero e proprio, il Rohmer dei film "sulla spiaggia" del grande vecchio della Nouvelle Vague (Pauline à la Plage, Racconto d'estate, Il raggio verde), ma scevri qui di ogni riferimento culturale o esistenziale, legati piuttosto molto di piu' alla vitalità ed indolenza dell'esser giovani, e alla carnalita' esibita ed esuberante, orgogliosa ed incurante del tempo che passa, portandosela via senza riguardo, inesorabilmente e per sempre. Ma questa circostanza crudele la conosce o sembra rendersene conto solo il saggio Amin.
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