Trama
Amin, giovane aspirante sceneggiatore che vive a Parigi, torna per l'estate nel piccolo villaggio di pescatori nel sud della Francia, in cui vive tutta la sua famiglia. Quei giorni del 1994 gli offrono la possibilità di riallacciare i rapporti con i familiari e con gli amici più cari, a cominciare dal cugino Tony e dall'amica Ophélie. Incantato dall'euforia dei corpi giovanili che lo circondano e armato di macchina fotografica, raccoglierà elementi utili alle sue storie.
Approfondimento
MEKTOUB, MY LOVE: CANTO UNO - UN'ODE ALLA VITA
Diretto da Abdellatif Kechiche e sceneggiato dallo stesso con Ghalya Lacroix (a partire da un romanzo La blessure la vrai di François Bégaudeau), Mektoub, My Love: Canto Uno è il primo capitolo della trilogia dedicata al personaggio di Amin, un giovane studente destinato a divenire autore cinematografico. La storia prende il via nel 1994 quando Amin, un aspirante sceneggiatore che vive a Parigi, ritorna per l'estate a Sète, la sua città natale, una comunità di pescatori del sud della Francia, per ritrovare la famiglia e gli amici d'infanzia. Accompagnato da suo cugino Tony e dalla sua migliore amica Ophélie, Amin passa il suo tempo tra il ristorante di specialità tunisine dei suoi genitori, e i bar del quartiere e la spiaggia frequentata dalle ragazze in vacanza, tra cui Céline e Charlotte. Incantato dalle numerose figure femminili che lo circondano, Amin resta soggiogato da queste sirene estive, all'opposto del suo cugino dionisiaco che si getta nell'euforia dei corpi. Munito della sua macchina fotografica e guidato dalla luce eclatante della costa Mediterranea, Amin porta avanti la sua ricerca filosofica lanciandosi nella scrittura delle sue sceneggiature. Ma quando arriva il tempo dell'amore, solo il destino, il mektoub, potrà decidere cosa è meglio.
Con la direzione della fotografia di Marco Graziaplena e le scenografie di Ann Chakraverty, Mektoub, My Love: Canto Uno viene così raccontato dal regista in occasione della partecipazione del film in concorso al Festival di Venezia 2017: "Mi piacerebbe restituire al cinema la sua dimensione sacra e tornare a considerare l'andare a vedere un film come la partecipazione a una cerimonia. Anche se molti pensano che sia solo un'illusione, ho l'intima convinzione che il cinema faccia parte di una nuova era umana segnata dalla possibilità reale. Da regista, se avessi perso tale utopia, non avrei più il desiderio di realizzare film.
Aspiro a fare opere libere in maniera libera, con pochi mezzi a disposizione, per raccontare storie e partecipare al risveglio delle anime (anche se la mia anima non è che sia più sveglia delle altre). Sono consapevole che la mia stessa anima è oscurata dal secolo, il XXI, appena arrivato. Pur non volendone fare una questione politica, le mie origini e la mia carriera rappresentano un'entità politica. Dentro di me, ogni pensiero e ogni sentimento diventa politico perché la società mi ha politicizzato.
Ho fatto questo film per raccontare qualcosa di me, sebbene non sia autobiografico. Non volevo parlare di me stesso o aprirmi. Abbiamo tutti vissuto esperienze e relazioni amorose giovanili. Io stesso non ho la stessa psicologia dei miei personaggi ma tutti posssono identificarsi con loro. Io li osservo, li studio, li amo. Li analizzo e non li giudico. Mi fanno porre domande sul mektoub (il destino), sulla natura del bene e del male, sulle loro ambiguità.
Questo è un film anarchico, nel senso nobile del termine: è destinato cioè a spezzare le catene della gerarchia. Il cinema francese è ostile al mio discorso sulla libertà e di conseguenza incontro difficoltà nell'esercizio della mia professione.
Mektoub, My Love: Canto Uno è un invito alla riflessione sul significato del destino. Siamo predestinati e governati da forze più grandi di noi? Qual è l'impatto della storia e delle decisioni di pochi sulla vita di tutti gli altri? Esiste un libero arbitrio genuino? Il film cerca di capire se gli eventi di un individuo hanno in scala ripercussioni sulla famiglia e, più in generale, su una nazione. E viceversa, se le decisioni prese a livello nazionale hanno un impatto sui gruppi e sugli individui. Un intero popolo può essere arruolato per la guerra? Dopo decenni, si tende a dimenticare spesso quali siano state le radici di un'azione che ha portato a eventi che hanno coinvolto i destini degli individui. Ovviamente, espongo solo una mia visione e non una lettura delle cose. Lascio l'interpretazione allo spettatore.
Ricercare la verità non significa accusare. C'è una frattura nella società contemporanea ed è necessario capirne le origini. La Francia non è un paese bianco ma è una nazione multiculturale e multireligiosa. Il mio film vuole essere un inno alla vita e alla luce, un'ode alla bellezza, un racconto gioioso ed euforico che mette in discussione le conseguenze delle azioni passate sul presente. La luce di cui parlo non è altro che la libertà di pensiero, la stessa libertà che rivendico".
Il cast
A dirigere Mektoub, My Love: Canto Uno è Abdellatif Kechiche, regista e sceneggiatore di origine tunisina. Nato a Tunisi nel 1960, Kechiche si è trasferito a Nizza all'età di sei anni e ha cominciato a studiare commedia al Conservatoire d'Antibes. Appassionato di teatro, ha esordito come attori in alcuni… Vedi tutto
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Commenti (12) vedi tutti
Sano voyerismo senile che mi ha acceso i ricordi, le sensazioni di tanto tempo fa e ho rivisto e rivissuto il tuo e il mio corpo, le nostre anime e il nostro Amore.
commento di ottobyteTra l'immensità delle orbite di corpi massicci e massivi in continuo interscambio di forze, l'occhio, lo sguardo, il volto della macchina da presa trova un punto d'equilibrio e di oscillazione ad altezza glutei, natiche, culo, e lì, la cinepresa, in quel punto di Lagrange fatto di carne e pelle, gravita e rimane, roteando su sé stessa, in estasi.
leggi la recensione completa di mckQuesta pellicola non dà risposte e non racconta vicende: registra con affettuosa partecipazione l’estate bollente e giocosa dei ragazzi e soprattutto delle ragazze, di cui esalta l’irresistibile voglia di vivere, enfatizzandone il corpo, con riprese ravvicinate che esprimono insieme un poetico desiderio e una malinconica lontananza.
leggi la recensione completa di laulillaUn inno alla fisicita',libero e sensuale...Kechiche e' un maestro!!!
commento di ezioFilm narrativo senza inizio e senza fine.. l'estate dei giovani.. 3 ore stessa cosa.. l'unica emozione una nascita.. voto 4
commento di nicelady55Primo capitolo sul resoconto esistenziale di Amin, un aspirante sceneggiatore che coltiva una forte passione per la fotografia. Kechiche fa un film di osservazione : di corpi che trasudano erotismo, di dialoghi che aderiscono all'allegria balneare, di serate in discoteca che anticipano l'odore del sesso. Di conoscenze che diventano amori liquidi.
commento di Peppe ComuneFilm decisamente originale. Molto lungo, Dal ritmo volutamente lento, ma carico di forti suggestioni erotiche, dove ciò che conta di più sono le immagini, che catturano i corpi e gli sguardi.
leggi la recensione completa di Furetto60Certamente questo cinema può anche non piacere, soprattutto se si insegue una trama forte: invece è come mettere nell’obiettivo della mdp la vita quotidiana come un documentario, con una sceneggiatura libera e con pochi vincoli, dove tutti parlano (arabo e francese) e tutti si ascoltano, tutti si guardano e si desiderano.
leggi la recensione completa di michemarPer tutto il corso del film un sordo disorientamento del desidero aleggia nella leggera e colorata estate di giovani adulti che si inseguono e si sfuggono alla ricerca di un tempo che sia finalmente adempimento dell'esistenza, ma la ferita, quella vera, resta aperta e può solo trovare rifugio nella semplicità di un mare al tramonto...
commento di logosUna bulimia di parole, sorrisi (veri?), un voyeurismo pesante e alla fine volgare, con un breve spiraglio di silenzio di fronte al miracolo di una nascita.
commento di Marsil_ClaritzKechiche apre con un versetto dalla Bibbia di Giovanni seguito da uno del Corano in cui si parla di luce. Poi di luce inonda il film. Ha promesso di rimetterci mano e fare qualche taglio. Siamo d’accordo.
leggi la recensione completa di yume