Regia di Andrew Haigh vedi scheda film
Charley si è trasferito per l’ennesima volta con il padre, questa volta a Portland, in Oregon. La madre l’ha abbandonato da piccolo, mentre l’altro genitore, donnaiolo e ubriacone, pur volendogli bene non riesce a garantirgli stabilità economica e affettiva. Poco vicino alla sua casa scopre un maneggio e si ritrova quasi per caso a contatto con le corse dei cavalli, come aiutante di un vecchio allevatore disilluso e squattrinato. Quando il padre si mette nei guai e viene aggredito mortalmente, Charley rimane solo e si mette in viaggio con la sola compagnia con un cavallo cui si è affezionato alla ricerca dell’unica parente che può aiutarlo.
Terza opera di Andrew Haigh (“Weekend”, “45 anni”). Non so se la benemerita distribuzione italiana si debba al grande e inaspettato successo al botteghino di “Weekend”, fatto sta che Teodora continua a credere nel regista britannico e ci regala la possibilità di vedere nelle sale, oltre alle prime due, anche la sua terza opera.
Il titolo originale del film è “Lean On Pete”, il nome del cavallo cui si affeziona il protagonista, mentre “La ballata di Charley Thompson” è il titolo del romanzo da cui è tratto il film. Ed è quello più bello, secondo me. Perché la ballata richiama subito la poesia, e questa storia è densa di poesia, di cui l’autore è il cantore.
Profondamente immerso in un’America priva di illusioni, dove un ragazzino può finire da solo a girovagare lungo strade e deserti sconfinati, sfidare pericoli e perdenti. Charley però affronta le difficoltà con la caparbietà e l’incoscienza propria degli adolescenti. Fino a un finale (che non anticipo, ovviamente) in cui anche lo spettatore tira un lungo sospiro di sollievo.
Stile asciutto e mai melenso, fotografia eccellente, attori bravi (meritato premio a Venezia per Charlie Plummer, of course, che gioca di sottrazione). Due ore di durata, ma non un minuto da togliere. Voto (da 1 a 10): 7,5.
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