Regia di Peter Hyams vedi scheda film
I responsabili dell’ente spaziale americano preparano una missione con lo sbarco di tre astronauti su Marte, ma per evitare un possibile fallimento che porrebbe fine al programma di ricerche nello spazio, mettono in atto una messinscena con uso di sale di controllo, telecamere e ambienti finti. La missione sarà un prodotto di finzione, che soddisferà le platee, i finanziatori del progetto e il potere politico che se ne avvantaggerà, gli astronauti vengono costretti a sottostare all’inganno. Capricorn one è del 1978, la new hollywood si avvia verso i suoi gloriosi battiti finali, il regista Peter Hyams ne prende già le distanze, con una trama che potrebbe affiancare i thriller politici dell’epoca, tipo I tre giorni del condor o Tutti gli uomini del presidente, si limita al fantascientifico e alla suspence, non considera dubbi e contraddizioni dell’uomo qualunque antieroico made Usa di quegli anni. Il film potrebbe alzare un po’ la coperta della cattiva coscienza del potere, la regia lo fa per tirarla dalla propria parte senza troppi patemi. Uno degli astronauti, Brubaker si dimostrerà il meno consenziente e il più caparbio nel tentativo di ribellarsi, aiutato dal giornalista Caulfield (un Elliott Gould dalle stimmate altmaniane perdute di Mash e il Lungo addio), entrambi si impegnano a smascherare la macchinazione, della quale però vengono identificati soggetti precisi e non denunciando il sistema generale corrotto e inattaccabile. Questo aspetto riduce lo spessore del film, che è teso, vibrante fino all’ultimo, resta un buon prodotto senza troppe pretese. Interessante è già l’uso mediatico dell’apparato di finzione, con le interviste e i colloqui con gli ignari familiari o le reazioni della gente comune appagata nella sua credulità. L’impatto scenico e visivo, l’ambientazione spaziale da studio, i dialoghi che misurano l’emotività, si riveleranno futuri portatori esatti di quella comunicazione televisiva che oggi chiamiamo arma di distrazione di massa. Hyamas troppo affascinato dall’idea di partenza non coglie altri sbocchi dalla sceneggiatura, per esempio il dolore quasi assente della moglie di Brubaker per la piega che prende la vicenda, poteva essere valutato diversamente all’interno della storia, le perplessità e i dubbi degli astronauti e di Caulfield stesso non vanno oltre una generica ricerca di verità che sanno verrà accolta incondizionatamente nei gironi del potere più alto e conseguentemente riponendo la propria fede in un senso di giustizia assoluta. Dal film, Ken Follett ne trasse un libro firmato con lo pseudonimo di Bernard Ross, non credo pubblicato in Italia. Chissà se il finale è ugualmente depotenzializzato?
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