Regia di Peter Hyams vedi scheda film
Si scrive Marte, ma si legge Luna: il film dà voce alle teorie di chi sostiene che le missioni Apollo siano state tutte un bluff (segnatamente Bill Kaysing, autore del libro Non siamo mai stati sulla Luna) e si inserisce nel filone complottista e paranoico del cinema USA anni ’70, quello de I tre giorni del condor e Perché un assassinio. La NASA, alla ricerca di finanziamenti e non avendo una tecnologia adeguata, inscena un finto volo su Marte: gli astronauti vengono fatti scendere dalla capsula e condotti in una base militare dismessa e isolata, da dove avvengono i finti collegamenti con la Terra (grazie ai quali uno di loro saprà far filtrare alla moglie indizi sulla propria situazione). Ma poi la navicella si schianta al rientro, e la ragione di stato prevede l’eliminazione dei tre uomini. La loro caccia è la parte più avvincente del film: due vengono fatti fuori ma il terzo, grazie all’aiuto di un giornalista che sospetta qualcosa, ricompare proprio mentre si sta celebrando il suo funerale. Finale sostanzialmente rassicurante, ma che non riesce a cancellare il senso di oppressione dell’individuo di fronte a un potere cieco e brutale. Bravi Elliott Gould, con la sua faccia da persona normale, e la collega Karen Black con il suo dolce cinismo; da segnalare in una particina comica Telly Savalas, che aiuta il giornalista credendo di dover recuperare una refurtiva.
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