Regia di Gilles Béhat vedi scheda film
Colonna sonora di Jean Marc Cerrone (pure co-sceneggiatore, ma certo molto meglio come il grande compositore e musicista che è), titoli di testa con la lezione di una classe di ballo sulle note fuoriuscenti da una "Power Station" di "Supernature", precedendo in questo di quasi un ventennio una analoga e famosa sequenza di testa diretta da Gaspar Noè. Il vero motivo di interesse, per un appassionato e cultore di musica elettronica e colonne sonore, è questo. Per il resto, trattasi di un gialletto patinato al totale servizio dei primi piani del produttore Alain Delon sempre naturalmente dalla faccia e dalle espressioni drammatiche, intense e stilizzate al contempo-il cui tipo di cinema e divismo era però in crisi da anni e caduta più che mai-, alle prese con una sceneggiatura che è più una "scemeggiatura" di rara stupidità e abuso di clichè da seduttore con soldi e potere dalla minima verosimiglianza, e dalle ben poche note di rosso sangue e ancora meno di thriller come annunciato da pubblicistica e manifesti. E con suggestioni e assonanze più che casuali da "Murderock- Uccide a passo di danza", di Lucio Fulci, certamente migliore.
Chissà se Gilles Béhat lo aveva visto alcuni prima, cosa certa è che il regista dell'abbastanza celebrato ma anche sopravvalutato "Rue Barbare", dimostra in maniera accentuata tutti i difetti del film precedente, a partire dall'inconcludente ricerca di scavo psicologico dei personaggi, minori e maggiori, con la prolissità e la noia che fanno capolino qui e là. Claude Brasseur nei ruoli del pazzo come in "Appuntamento con l'assassino"(1975) di Gerard Pirès e altri ruoli simili,è bravo e quasi gigionesco, ma poco plausibilmente da co-protagonista che era come da titoli e cartelloni, sparisce nella seconda metà del film, per riapparire circa nell'ultimo quarto d'ora.
Delon non rinuncia ad apparire a circa 55 anni con meravigliose stelline francesi dai corpi scultorei(in gran parte vere ballerine), completamente nude e fortunatamente come si usava ai tempi, mai rasate.
Da annali dello sculto la sequenza di Delon sotto con la strepitosa modella e ballerina Tonya Kinzinger che lo cavalca da sopra completamente nuda, e lui gelido come sempre non la guarda mai monolitico e con lo sguardo perennemente rivolto verso ad un lato(l'abatjour sul comodino?), sulle note a tutto volume del "Romeo e Giulietta" di Prokofiev.
Anche il finale senza un motivo nè movente apparente, forse vista l'dentità del colpevole delle morti scopiazzato da "Opera" di Dario Argento, non ha un perchè se non veramente stiracchiato, e non convince per niente. Ed è anche un peccato perchè l'interpretazione di Brasseur come detto era molto buona, e il personaggio poteva essere sviluppato meglio perchè l'unico del film veramente interessante.
La confezione è curata,comprese le scenografie dei tetti e una parte cittadina di Parigi addirittura ricostruita in studio, ma la fotografia di José Luis Alcaine è più anonima e "televisiva" rispetto a quella dei thriller di De Palma che cerca un pò di emulare.
Ridicola dato tutto ciò che lo precede e il personaggio di Alain Wolf impersonato da Delon, la sua ripetuta dichiarazione finale.
Carlo Valli come doppiatore di Brasseur/Eparvier è convincente, meno Franco Zucca per Delon/Alan Wolf.
John Nada
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