Regia di George Sluizer vedi scheda film
La mia antipatia per i remake ha radici lontane ma solide, sta di fatto che quando posso evito sempre di vedere rifacimenti di vecchi/nuovi film, ovviamente non sempre è possibile perché può capitare che le versioni originali non sono reperibili o addirittura mi sono sconosciute.
Molti (ma molti) anni fa vidi in TV un thriller niente male con Jeff Bridges e Kiefer Sutherland, il film si intitolava The Vanishing e mi prese molto, con il passare del tempo divenne un guilty pleasure, una di quelle pellicole che rivedi sempre volentieri, sai bene di non trovarti di fronte ad un capolavoro né tanto meno ad un thriller che resterà nella storia, però c’è qualcosa che ti resta dentro e che ti fa apprezzare il film al di la del suo valore artistico...sono certo che ogni cinefilo ha i suoi guilty pleasure e guai a chi li tocca.
Tempo dopo ho scoperto che questo film era un remake di una pellicola olandese firmata da George Sluizer nel 1988, il regista in seguito al successo dell’opera fu chiamato a dirigere anche l’adattamento a stelle e strisce, per parecchio tempo cercai di reperire l’originale ma inutilmente.
Ci sono riuscito solo recentemente e grazie all’aiuto fondamentale del buon Maurizio73, che ringrazio pubblicamente.
Scrivere di Spoorloos non è facile per chi come me viene dalle molte visioni di una storia ormai assimilata in ogni sua parte, è un po’ come rivedere lo stesso film ma rendersi conto che qualcosa “non torna”, che ci sono differenze così sostanziali da rendere le due pellicole completamente diverse.
Non è mia intenzione imbastire un confronto/scontro tra originale e remake, su The Vanishing ho già scritto e per me resta un discreto thriller con delle buone prove attoriali (Bridges su tutti), è un film classicamente americano e solo questo basta a definirlo nella sua essenza e a metterlo anni luce lontano dall’opera originale.
Spoorloos è una cosa ben diversa, è un film che fin dalle prime battute trasmette un’inquietudine quasi fastidiosa, un senso di disagio che lascia spazio ad un’inspiegabile e ignota paura, il viaggio in auto di questi due fidanzati che scherzano, litigano e poi fanno pace, che si fermano in una stazione di servizio e si perdono di vista per pochi minuti, minuti che si trasformeranno in eternità.
Rex (Gene Bervoets) aspetta invano il ritorno di Saskia (Johanna ter Steege), poi la cerca inutilmente per i tre anni successivi, mette manifesti, va in TV e lancia appelli, non si rassegna, non si arrende ad una scomparsa che non ha spiegazione e che lo trascina in un buco nero fatto di ossessioni e paure.
Saskia è stata rapita, su questo non ci sono dubbi, ma da chi?
Rapita dalla semplice e invisibile normalità del male, dalla follia contenuta di un sociopatico che sfida se stesso, portata via dal caso beffardo e maligno, il destino di una donna deciso da una serie di varianti non previste, non calcolate dall’apparente bonaria figura di Reymond (Bernard-Pierre Donnanieu), lui che con meticolosa precisione si è preparato all’atto criminale studiando ogni possibile imprevisto, una specie di automa insensibile che alla fine raggiunge il suo scopo, ma solo grazie all’intervento non richiesto del caos, che tutto vede e tutto decide.
L’ambientazione europea dona al film una dimensione di opprimente drammaticità, la tensione a volte insostenibile si dipana da un personaggio all’altro, si espande da una sguardo all’altro, l’emotività contenuta di Raymond sfida quella ormai fuori controllo di Rex e quando si arriva al confronto finale in ballo non ci sono più odio, giustizia o sete di vendetta ma solo la necessità primaria di sapere, di trovare una risposta, di uscire finalmente da un tunnel infinito per ritrovare la luce e magari la stessa Saskia, spaventata e incazzata con la sua torcia in mano.
La sceneggiatura è firmata Tim Krabbè e adatta forse il suo romanzo più famoso (Et Gouden Ei - da noi Scomparsa edito da Anabasi), una storia essenziale ma profonda che Sluizer trasporta su schermo con il rigore tipico di un certo cinema nord europeo, la sua è una visione anti-spettacolare che mette al centro del racconto i personaggi e le loro ossessioni, uno studio di rara efficacia che pur sfruttando tempi dilatati sviluppa un forte senso di angoscia.
Spoorloos è quindi un thriller decisamente anomalo, un opera lontana dai classici canoni del genere, un film che racconta l’orrore che si nasconde dietro il quotidiano vivere, la semplicità di un atto criminale compiuto in pieno giorno, la sfida di un pazzo che affronta la sua pazzia e ne esce vincitore, l’abisso in cui cade chi non trova risposte, chi perde un frammento di vita senza poter far nulla, scoprire la verità diventa quindi più importante della verità stessa, l’unica strada possibile per uscire da un’oscurità senza fine.
Si potrebbe obiettare che esiste sempre un altra via, da questo punto di vista il film propone un finale di rara cattiveria che si presta a varie interpretazioni, io l’ho trovato coerente e persino logico, Rex scoprirà finalmente cosa è successo alla sua Saskia, da questo punto di vista la promessa dell’inquietante Raymond viene mantenuta.
L’opera di Sluizer nonostante il successo in patria e i molti premi raccattati in diversi Festival è praticamente sconosciuta, forse il danno più grande al suo film l’ha fatto lo stesso regista decidendo di girare il remake americano che invece è decisamente più conosciuto, oltre che facilmente reperibile in home-video, di Spoorloos esiste una versione ottima in Blu-Ray edita dalla Criterion in lingua originale (francese) e sottotitoli in inglese, il film si trova anche su YouTube sempre con sottotitoli in inglese.
Forse uno dei migliori thriller degli ultimi 30 anni.
Voto: 8
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