Regia di Oscar Brazzi vedi scheda film
Un conte fiorentino decaduto e il suo maggiordomo càmpano di espedienti; quando incontrano la bella Ara, straniera sperduta a Firenze, le danno riparo dal criminale Vincent che le dà la caccia. Proprio ai danni di Vincent il duo organizza la prossima truffa.
Lo champagne richiama la commedia scollacciata coeva, quella delle scappatelle extraconiugali (più sognate che concretizzate) e della bella vita (altrettanto fantasticata); i fagioli non sono quelli del far west, invece, bensì un espediente linguistico rapido e indolore per giungere alle funzioni corporali (quelle gassose, se c'erano dubbi). Il titolo unisce insomma alte aspirazioni e miserabile realtà per riassumere il quadro d'insieme di una storia sì, briosa e neppure di per sé banale nei presupposti, ma senza dubbio anche popolaresca, terra terra nei contenuti, senza alcuna pretesa di ascendenze artistiche nobili. Ecco perché il conte toscano Cellini e il suo maggiordomo Aristide più che agli Amici miei monicelliani (1975) finiscono per richiamarsi alla galassia delle pellicole comico-erotiche contemporanee ambientate su scala regionale, quelle delle inflessioni dialettali e dello straprovincialismo. Oscar Brazzi, che qui è anche sceneggiatore, ha avuto una carriera registica intensa ma non troppo brillante, sviluppatasi interamente attorno agli anni Settanta: questo è il suo decimo e ultimo film - presumibilmente non il suo migliore. I due elementi più discutibili del lavoro sono il cast modesto (il nome di Howard Ross è il più prestigioso; gli altri protagonisti centrali sono Leonora Fani, Giampiero Becherelli e Ghigo Masino) e una certa sciattezza nei dialoghi, che rasentano talvolta il nulla cosmico. A fornire la voce off come narratore c'è il fratello del regista, il più noto Rossano Brazzi. 2,5/10.
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