Regia di Oscar Brazzi vedi scheda film
My Fair Lady in versione ultrapovera e ultratrash
Malriuscito tentativo di commedia vernacolare a firma di Oscar Brazzi, qui alla sua ultima regia, che si avvale, anche in questa sede, del più famoso fratello Rossano, sia pur unicamente in veste di voce narrante.
Come una sorta di "My Fair Lady" in versione ultrapovera, il film ci narra di un conte decaduto (Giampiero Becherelli) che vive in un ripostiglio d'un palazzo nobiliare, un tempo interamente di sua proprietà, con il fido maggiordomo Aristide, interpretato dal dimenticato e dimenticabile cabarettista toscano Ghigo Masino. Durante il loro peregrinare per sbarcare il lunario, i due si imbattono in una ragazza senza nome e dal passato indefinibile (Leonora Fani), già oggetto di attenzioni da parte di un noto boss della malavita, reso più ridicolo del dovuto da un Howard Ross, al secolo Renato Rossini, perennemente agghindato con gessato bianco alla Tony Manero di provincia. Il conte, che farà passare la ragazza per sua figlia, insegnerà alla stessa, oltre che la lingua italiana, quei modi raffinati che le consentiranno di ingredire in società tra la "gente che conta". Al fine di accasarla con un giovane fiorentino di nobile lignaggio e di costituirle la necessaria cospicua dote patrimoniale, il conte e il maggiordomo Aristide escogiteranno una clamorosa truffa ai danni del malavitoso Ross.
Il mediocre Oscar Brazzi, proseguendo in un dittico dallo stesso inaugurato qualche anno prima con "Il Vangelo secondo San Frediano", dirige con consuete sciatteria e scarsa verve un cast che vede come protagonisti il teatrante Giampiero Becherelli, più volte impiegato anche in cinema e in televisione e il testè citato cabarettista Ghigo Masino. Personaggio quest'ultimo dal passato oscuro (secondo alcuni storici pare abbia fatto parte di una squadraccia di torturatori fascisti, la famigerata "Brigata Carità", rimanendo pressochè impunito), tentò in età matura la carriera d'attore, trasferendo in dialetto toscano una certa comicità "alla Gilberto Govi", un tempo forse gradevole in quanto non particolarmente volgare ma che vista oggi sicuramente non fa ridere.
L'ex ninfetta Leonora Fani, registrata all'anagrafe come Eleonora Cristofani, sempre più a corto di scritture con il passare del tempo, esibisce, oltre alla sua ormai arcinota inespressività, perdonata da alcune efebiche nudità, anche una vis comica da "palo del telegrafo". Muovendosi in un copione a dir poco sgangherato, l'attrice cornudese colora maldestramente il suo bizzarro personaggio di contadina analfabeta, o forse di straniera o zingara (non ci è dato sapere), con inaudite scempiaggini come "Io no capucio!", a significare, credo, "Io non capisco!", in grado di raggiungere, queste davvero si, le più alte vette di comicità involontaria per la quale non si può certo evitare di andare in visibìlio.
Per il resto, a parte il granitico Howard Ross, palesemente a disagio in cotanto pauperume, rimane scolpito nelle memorie della fortunatamente non copiosa massa trashista il compianto disc jockey livornese Riccardo Cioni nella parte del ricco rampollo con cui la Fani convola a giuste nozze. La sua indimenticabile espressività da "pecoraio imbambolato" ci richiama le facce di certi miserabili comprimari della "divina" Marina Lotar nei deprimenti hard nostrani della seconda metà degli anni ottanta.
Curioso e straniante lo struggente finale con i nostri due protagonisti ridotti a vivere sotto i ponti come due clochards ma raggianti in qualità di artefici delle fortune della Fani ormai proiettata in un futuro di benessere (magra consolazione!).
Si conclude così una pellicola che ebbe limitata distribuzione (credo soltanto in terra toscana) e sino a oggi d'assai ardua reperibilità. Recentemente restaurata, venne trasmessa in ottimo master dalle reti "Mediaset", unitamente ad altri capolavori del brutto tra cui gli imprescindibili "La polizia brancola nel buio" e "Vento vento portali via con te", da me visionati nel corso di raptus masochistici e ovviamente recensiti per codesta Spettabile rivista.
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