Regia di Frantisek Vlácil vedi scheda film
Ambientato nella Boemia della metà del tredicesimo secolo, “Marketa Lazarová” ritrae icasticamente un periodo cruciale del medioevo in cui il cristianesimo non aveva del tutto sostituito il paganesimo. Questa antitesi epocale viene esposta, allegoricamente, nella contrapposizione fra i clan del territorio (guidati rispettivamente dai perfidi Kozlík e Lazar) e l’autorità centrale. Una serie di atroci rappresaglie e tremende imboscate avranno come agnello sacrificale la povera Marketa (primo ruolo per un'intensa Magda Vášáryová), la giovanissima e casta figlia di Lazar che vuole prendere i voti per entrare in monastero.
L’opus di František Vlácil è un viaggio surreale che rapisce e destabilizza lo spettatore, alternandosi convincentemente dai registri contemplativi a quelli macabri e convulsi, sciorinati in una raffigurazione brutale dell’era di mezzo. L’approccio è formalmente lungimirante, e il regista ceco dispiega una poetica attanagliante utilizzando lirismo brumoso, caratterizzato da inquadrature angoscianti e giustapposizioni simboliche a sfondo religioso. Un prosatore introduce il racconto su un ampio paesaggio invernale; la voce sembra provenire da lontano, echeggiando però una vicinanza intima. Il film altera costantemente il nostro orientamento ottico e acustico; spesso dobbiamo capire dove ci troviamo, in quanto le posizioni e i cambi di prospettiva variano improvvisamente... “Marketa Lazarová” filtra coraggiosamente un secolo oscuro attraverso un prisma all’avanguardia, il quale pone in rotta di collisione una tecnica modernista (determinata da un accostamento inebriante tra effigi emblematiche e pungolanti sensazioni uditive) con un mondo arcaico trafelato da sentimenti famelici e scorci acherontei. La purezza iniziale dell’eroina Marketa viene veementemente trasformata in una passione libidinosa barbaramente risvegliata dagli impeti carnali e dalle scabrosità delle due famiglie in conflitto; una metamorfosi spirituale che la porterà, forse, ad un’indipendenza definitiva. La mdp scandisce sequenze travolgenti scandagliando pervicacemente dissidi interiori e frammenti onirici deflagranti. In questa zona infernale di cacciatori e martiri (il corvo, il serpente, il cervo e l'agnello palesano delle metafore ricorrenti in parecchi risvolti) ci si perde in un luogo sibillino ove i pericoli non hanno alcuna spiegazione o pronostico; nei momenti più cruenti l’obiettivo mantiene comunque una distanza tale da lasciare intuire perfettamente le fatalità senza dare uno spaccato del tutto esplicito dei misfatti (non sono rari gli angoli di ripresa posizionati dietro i rami o approntati durante le nevicate che celano parzialmente la piazzata scenica). Tramite questi considerevoli espedienti si raggiunge un livello di immersione corporea edificante; si avvertono il brusco freddo dell'inverno, il dolore ardente di una percossa o la sollecitazione dell'appagamento erotico. Vlácil, inoltre, manipola lo spazio con una vasta gamma di lenti, sfocando le superfici ravvicinate e allungando repentinamente il campo all’infinito, servendosi altresì di un’incorniciatura molto flessibile, ma sempre in grado di rendere visceralmente tangibile quel malvagio ricettacolo di spietate personalità.
L’intenzione dell'autore era quella di analizzare e trasmettere (mettendo in luce un attrito ancestrale fra l'empietà selvaggia dell'essere umano e il potere della repressione) uno sferzante ritratto antropologico dell’età in cui l’istinto, stimolato dalla viltà, prevaricava sulla ragione. Mediante una narrazione ellittica raffinata e uno stile suggestivo, “Marketa Lazarová”, sebbene impegnativo e di difficile comprensione, si conferma un'opera visivamente poderosa e strutturalmente affascinante.
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