Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
La prima parte è occupata dalle macchinazioni di un impiegato ministeriale per far ottenere un posto di lavoro al figlio, appena diplomato ragioniere ma palesemente incapace di fare alcunché: questo è il minuscolo orizzonte di riferimento del protagonista, che ha puntato tutto sulla sua realizzazione per interposta persona e neanche si accorge dell’ordinaria mostruosità nella quale si trova immerso. Quando poi scoppia la tragedia, è così intrisa di grottesco da non provocare grandi differenze nel suo comportamento: ora si tratta di brigare per ottenere un loculo al cimitero anziché una scrivania in ufficio, tutto qui. Solo quando il caso gli mette di fronte la possibilità di vendicarsi la posta in gioco si alza, e anche lui decide di fare il salto di qualità. Monicelli racconta l’individualismo malato di chi ha messo il proprio particolare al di sopra di tutto ed è abituato ad agire al di fuori della legalità, a cercare scorciatoie, per poi venire a patti con la propria coscienza (vedi lo sconvolgente dialogo con Dio in bagno). Ottima prova di Sordi, che vira al nero la sua galleria di personaggi anni ’50 rendendo esplicite le loro potenzialità criminali. Un film strettamente legato al periodo in cui è stato realizzato (gli anni di piombo, la saga di Fantozzi), ma al tempo stesso tristemente profetico.
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