Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
"Ma lui è mio figlio, oh! In fondo io, dopo tanti anni, che cosa chiedo? Non chiedo mica tanto, avere per lui, ecco, un occhio di riguardo."
Giovanni Vivaldi (Alberto Sordi) è un ragioniere romano impiegato presso un ministero e in procinto di godersi la pensione. L'unica soddisfazione che vorrebbe togliersi è quella di vedere l'unico figlio Mario (Vincenzo Crocitti), insignificante e poco sveglio ma da poco diplomatosi ragioniere, trovare lavoro anche lui al ministero. La moglie di Giovanni, la misurata e fervente cattolica Amalia (Shelley Winters), ci va cauta, ma Vivaldi non ha occhi che per il figlio e chiede, affinché Mario possa superare il concorso nazionale, dei favoritismi al proprio superiore, il dottor Spaziani (Romolo Valli), macchietta che appare preoccupata solo dalla sua testa impressionantemente forforosa.
A questo proposito, Vivaldi accetta anche di affiliarsi alla massoneria per ottenere facilmente in anticipo il tema scritto dell'esame, ma il destino è in agguato: la mattina dell'esame, Mario muore di fianco al padre sotto dei colpi di mitraglietta nel corso di una fuga dalla banca da parte di un gruppo di rapinatori. La notizia della morte di Mario provoca la paralisi e il mutismo di Amalia, con Giovanni che dovrà portarsi dietro anche questa croce, dividendosi fra un insufficiente accudimento della moglie e la punizione da infliggere all'assassino del figlio, individuato grazie ad un confronto all'americana in commissariato...
Un borghese piccolo piccolo presenta a metà film un evento così tragico da ribaltare improvvisamente gli eventi e il registro del film stesso. La prima parte è amara ma decisamente grottesca, con qualche spunto ironico: basta pensare ai numerosi personaggi caricaturali, alle battutine vernacolari di Vivaldi, al ridicolo rituale massonico, dove peraltro Giovanni ritrova molti colleghi di lavoro. Il feroce tentativo di vendetta messo in atto nella seconda parte disorienta molto, mostrando la disumana cattiveria che può albergare in un normalissimo ometto comune.
Con il solo titolo, Mario Monicelli caratterizza immediatamente Giovanni Vivaldi per quello che è, un borghesuccio, un uomo mediocre: forte con i deboli e debole con i forti, è contraddittorio in tutto, a cominciare dal fatto di vantarsi di aver partecipato alla Resistenza per poi citare un motto del duce (di cui dice "Oh, l'ha detto un uomo che c'aveva due palle così") al povero Mario, per proseguire con una fede cattolica talmente debole e insincera da essere messa da parte con tutti i suoi valori per il successo del figlio e la conseguente propria soddisfazione personale. Sarebbe inoltre sbagliato pensare che la reazione di Vivaldi dopo l'omicidio del figlio sia frutto dello scoppiare del povero uomo comune: è invece il trionfo dell'ipocrisia borghese, della sua violenza repressa, della sua mediocrità e della sua irrecuperabilità; da un lato cerca di occuparsi della moglie e di trovare vanamente una buona sistemazione per la tomba di Mario, dall'altro finisce col trascurare tutto per inseguire il suo stupido ideale di giustizia privata.
Questo grande film del maestro Monicelli, tratto dal romanzo omonimo di Vincenzo Cerami uscito l'anno precedente, è datato 1977 e si inseriva in un contesto sociale altamente problematico, di cui Un borghese piccolo piccolo è grottesco e strappalacrime specchio: gli anni di piombo, l'ascesa della borghesia, la massoneria, la nostalgia fascista, la distanza che separa le istituzioni dal cittadino. Uno dei film più tristi del regista viareggino, solitamente maestro della commedia all'italiana, un film con un finale perfetto e un cast che contribuisce in larga parte alla sua buona riuscita, su cui svetta un gigantesco Alberto Sordi, calatosi con enorme bravura in uno dei suoi ruoli più drammatici.
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