Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Qualsiasi osservazione si potesse fare su questo film è già stata fatta dagli utenti che l'hanno commentato prima di me e non sarebbe dunque originale. È un film che mi portavo dentro fin da quando lo vidi al cinema, in compagnia dei miei genitori, quando avevo meno di dieci anni. Me ne ricordavo ampi tratti, quasi tutto, direi, tranne che l'episodio - grottesco, surreale, forse persino eccessivo - del cimitero, con le bare accatastate. L'unica cosa che mi preme ribadire è quanto siano state sbagliate, all'epoca (e riconosco di parlare da una cattedra privilegiata, a 33 anni di distanza), le critiche per la scelta di Sordi quale interprete del protagonista. Era chiaro che l'attore avrebbe informato di sé questo personaggio tutto sommato negativo, che avrebbe trasformato questo Giovanni Vivaldi in uno dei tanti personaggi sordiani, seppure con una tragicità raramente rintracciabile nelle "maschere" precedenti. Forse era proprio questo che volevano Monicelli e Amidei: mostrare che anche il bonario italiano medio, tutto lavoro e famiglia, avrebbe saputo mostrare la sua faccia peggiore, quella che è stata più o meno nascosta (manifestata soltanto con qualche citazione ducesca, buttata lì con un po' di simpatica sbruffoneria: «molti nemici molto onore») durante il quarantennio demoscristiano e che è invece uscita in tutta la sua cattiveria negli ultimi anni. Un'altra critica che trovo ingiusta è quella che ha trovato un difetto nella dicotomia tra le due parti del film, la prima da commedia e la seconda da tragedia. Come se non fosse sufficiente l'omicidio di un figlio a far cambiare di segno non tanto un film, ma una vita stessa, di punto in bianco, da un attimo all'altro. In modo da testimoniare anche la visione pessimista di Monicelli che, per bocca di un giovane prete, invoca un nuovo diluvio universale per cancellare questa umanità oscena ed irrecuperabile.
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