Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Un film che davvero serve per riflettere. I suoi trenta e passa anni nulla sottraggono alla forza espessiva di una storia drammatica che tocca diverse e fondamentali corde della vita della famiglia: dalla composizione mononucleare della struttura familiare al dramma della lucida folllia omicida di cui cade preda un magistrale Alberto Sordi. Il regista, figura di primo piano del cinema nazionale, con superba maestria riesce a costruire una pellicola che, senza nulla togliere alla commedia di cui certo è fondatore e artefice, fa gradualmente sciogliere la vicenda in una tragedia dal sapore amaro, crudo, realistico. La parabola della vita di una modesta famiglia della piccola borghesia romana si esaurisce in un tragico epilogo del quale, assai sapientemente, il regista lascia nell'incognito l'esito. La statura artitica di Alberto Sordi tocca vette cospicue in questo film che, è bene precisarlo, non era di facile realizzazione con un attore di quello stampo, poco o nulla incline a parti di così intensa drammaticità. D'altra parte, sotto la direzione di Monicelli sia l'Albertone nazionale che il compianto Gassman, si erano misurati con "La grande guerra" e avevano donato all'Italia uno dei più grandi capolavori nostrani. Ma lì vi era la complicità dell'altro in un alternarsi di ruoli e situazioni che stemperavano il dramma sempre vivo della guerra. Qui, Sordi si innalza da solo sopra le righe (gli altri pur bravissimi attori, si pensi alla splendida Shelley Winters), e si prende in modo solitario una ribalta per confrontarsi con una prova da interprete maturo e versatile. Un film da non pedere e da rivedere con regolare frequenza per i suoi temi di scottante e dura attualità.
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