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Un borghese piccolo piccolo

Regia di Mario Monicelli vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Un borghese piccolo piccolo

di SteVunz
9 stelle

Monicelli e Sordi al massimo della forma.

 

Film assolutamente da vedere... Uno dei migliori film italiani di quegli anni (e forse non solo) perché coraggioso, senza reticenze, brutale e per questo custode di grande verità.

 

Forse solo Albertone avrebbe potuto interpretare questo ruolo, un padre impiegato orgoglioso del figlio nei diplomato ed intento a trovargli una bella sistemazione lavorativa, proprio per via dei personaggi che ha sempre interpretato: arrivisti, borghesi, ma bonari in fin dei conti, cinici ma simpatici. Qui lo vediamo arrivare ad un'iperbole imprevista che lascia attoniti. Monicelli lo ha usato in quanto grande attore, ma anche per dimostrare che in ciascuno di noi può albergare un assassino, un mostro, anche nel più pavido ed ordinario essere umano la cui aspirazione massima è andare a pesca una volta raggiunta la pensione. La critica sociale è graffiante ed imponente: un mondo corrotto in cui devi sporcarti per assicurarti un buon posto di lavoro, in cui contano le sette e non l'aggregazione, le apparenze e non i contenuti. Picchi di genialità nel mostrare la mediocrità di tutti, il conformismo: il superiore (un perfetto Romolo Valli) ossessionato dalla forfora, il capo del ministero che saluta con sufficienza gli inferiori, i discorsi su come investire in buoni postali il futuro stipendio... La vita racchiusa in un comodo e ristretto orticello rassicurante. Poi muore il cervo sacro... Quel figlio unico pacioso ed ingenuo, tanto osannato dai genitori quanto mediocre, tanto piu' perché mediocre ed in quanto tale perfetto come discendente perché si fa mero strumento di realizzazione di un "medio" disegno genitoriale. Ebbene, venuto a mancare lui niente ha più ragione d'essere, perché il mondo finisce laddove finisce la famiglia, l'angusta nicchia. Non ci sono valori, si azzera tutto e d'altronde insieme al ragazzo "muoiono" pure i genitori perché ormai quasi inutili alla società consumistica, improduttivi, contano solo in quanto futuri nonni. Ormai isolati, perché nessuno vuole ascoltare il dolore dell'altro, del vicino, due giorni dopo il funerale sono già accantonati e reietti. La vita va avanti. Sordi riesce comunque a fare tenerezza nell'accudire la moglie catatonica. Monicelli osserva senza giudicare l'escalation di dolore che si presenta davanti allo spettatore. Se avesse avuto un amico sincero al suo fianco, avrebbe messo in atto la vendetta? No. Questo sembra il messaggio che ci arriva dal triste isolamento in cui si ritrova la coppia ormai orfana dell'adorato figliolo e un uomo solo, circondato da colleghi distratti, arriva ad escogitare le cose peggiori. È una vittima abbandonata al suo destino che si fa carnefice crudele. Terrificante la scena della morte del ragazzo omicida davanti agli occhi della moglie catatonica che in quel momento inizia a spegnersi definitivamente. Lei quel ragazzo non lo avrebbe mai ucciso. Monicelli è amaro e non salva nessuno, ma prima di tutto ad essere condannata è la società occidentale, priva di umanità alcuna, ingiusta, distratta, meccanica. La vita si degrada ad essere solo una corsa a diventare "migliori" del vicino di casa, più ricchi, più benestanti, una corsa priva di alcun senso, una corsa in cui nulla può risolversi se non nel progetto precostituito, un domino obbligato in cui se salta un mattoncino si spezza tutto il precario e superficiale equilibrio.

Ne consiglio fortemente la visione.

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