Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Uno degli unici film a portare in scena la verità sulla massoneria e sui suoi biechi mezzi di controllo e predominio sul popolo, con metodi mafiosi e omertà. Il pessimismo del regista, però, pare male indirizzato: l'uomo non aspira al male, ma, anzi, proprio la sua attitudine innata al bene gli è stata ritorta contro dalla massoneria...
La narrazione bipartita, al cinema, non è poi così inconsueta, ma di certo non possiamo considerare banale la virata a metà del film di Monicelli. Qui la separazione non è semplicemente suddivisione espositiva, o schematizzazione: è la duplice anima dell'autore, che si trasla su pellicola. Da una parte c'è l'aspirazione alla scanzonatura e alla lievità, mentre dall'altra parte aleggia lo spettro sinistro della rassegnazione. In mezzo, una frattura scomposta.
Nel breve monologo di Renato Scarpa qualcuno ha intravvisto lo sfogo del regista: parole cariche di odio verso l'umanità, che potrebbero depistare. Non si può odiare se prima non si è amato: come ogni estremo, anche questo si può manifestare soltanto in presenza della sua antitesi. Soltanto chi ama l'umanità può giungere a odiarla per come si è avvilita e prostrata.
Due capitoli, quindi, per due anime, o, per meglio dire, una sola spezzata. Adottando questa chiave di lettura, tutto trova il proprio senso e la ragion d'essere; d'altronde, se volessimo considerare l'opera in sè e per sè, sarebbe impossibile negare che la sterzata dal satirico al drammatico sia disturbante e spiazzante. Intendiamoci: questo effetto sembra allineato con le intenzioni del regista, e tutt'altro che indesiderato.
Monicelli è stato sin da subito elogiato per la capacità di cogliere la contemporaneità, e in particolare quella che sembrava essere una trasformazione sociale fatale: da semplici scansafatiche ipocriti e maschilisti, gli italiani erano dunque avviati al destino di assassini e torturatori? La giusta distanza, cioè qualche decennio, ci ha permesso di realizzare come il Belpaese non fosse destinato a divenire un covo di assassini e giustizieri, come pure Il giocattolo avrebbe suggerito in quegli anni. Al contrario, di lì a poco si è avviata al tramonto la stagione delle bombe, e ha visto la luce l'epoca più effimera e superficiale del ventesimo secolo: gli anni '80.
Quasi paradossalmente, oggi possiamo invece considerare la prima parte come quella più attuale e rilevante, in una descrizione da manuale della massoneria e delle sue "leggi": a Monicelli spetterebbe un monumento, per aver avuto il coraggio di portare all'attenzione del grande pubblico un fenomeno che all'epoca sembrava passare inosservato, e che poi avrebbe deciso le sorti del mondo. La tv ci mostra tutto (l'inutile), tranne che chi comanda davvero. In questo film, anche se brevemente, osserviamo i meccanismi di reclutamento e indottrinamento della massoneria, nonchè l'importanza dei simboli e dei saluti codificati per riconoscersi. Analogamente alla mafia, questa setta opera con scambio di favori e nascondendosi nell'omertà. Lo stato, gli stati, si sono dissolti. Oggi c'è già un governo mondiale, capeggiato da personaggi che la maggior parte dei "mortali" nemmeno sa chi siano, come Klaus Schwab, George Soros, e le stirpi dei banchieri che controllano tutte le banche centrali del mondo. Desta e sinistra sono specchietti per le allodole, che fingono di combattersi per controllare il dissenso e fingere pluralismo. La verità è sotto gli occhi di tutti: governi "di destra", "di sinistra", o "tecnici" portano avanti l'unica agenda (massonica), in Italia e ormai praticamente in tutto il mondo. C'è chi, come il nostro, si arruola per ottenere benefici e vantaggi, e c'è perfino chi ci crede, ma non sa nemmeno cosa sta facendo nè il significato reale dei riti che pratica.
Ebbene sì, aveva ragione Monicelli, che gli italiani non avevano speranze. Ha soltanto sbagliato "scommessa": non è stata la spinta al male innata, ad aver prevalso. Evidentemente, dopo tutto, l'essere umano ha un'attitudine innata alla generosità, e ciò che il regista non aveva previsto è proprio questo: quella bontà intrinseca, ben nota ai massoni, è stata poi cavalcata e ritorta contro il popolo stesso, trasformando i fratelli in antagonisti. E, proprio come nell'opera di Monicelli, chi è cresciuto negli anni '70/'80 si ritrova con una vita in due tempi: il primo più allegro e scanzonato, vissuto nell'aspirazione della libertà, e il secondo, cupo e greve, dominato dall'ideale massonico che il nostro apprendista sapientemente sintetizza in "c'è troppa libertà".
Eccoci qui, 40 anni dopo, a vedere quella "troppa libertà" affievolirsi e spegnersi giorno dopo giorno, attraverso l'imposizione di paure costanti di pandemie, epidemie, devastazioni ambientali, cavalieri dell'apocalisse... e chi più ne ha più ne metta. E, ovviamente, la ricetta per la "salvezza" ("la luce" che offrono i massoni) è sempre la stessa: rinunciare alle libertà in nome del (finto) bene altrui, vaccinarsi (che ci siano alluvioni o pandemie, poco cambia!), e impoverirsi.
Sì, aveva ragione il regista, a perdere la speranza per questa umanità... in fondo, neppure lui, pur avendola sotto al naso, aveva saputo identificare la vera causa della distruzione della libertà e della serenità di questa nostra travagliata società.
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