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Un borghese piccolo piccolo

Regia di Mario Monicelli vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Un borghese piccolo piccolo

di axe
9 stelle

Giovanni Vivaldi è un impiegato ministeriale prossimo alla pensione; prima di ritirarsi vorrebbe vedere "sistemato" il figlio, Mario, fresco di diploma da ragioniere; pertanto, al fine di collocarlo presso la sua sede di lavoro, spende le sue risorse nella ricerca di una raccomandazione presso i superiori, arrivando ad entrare in una loggia massonica pur di ottenerla. Il giorno del concorso, tuttavia, il figlio rimane accidentalmente ucciso nel corso di una rapina. A causa di ciò, Amalia, la moglie di Giovanni perde la mobilità e la parola. All'attempato e smarrito dipendente pubblico non rimane che cercare vendetta. Mario Monicelli dirige un film drammatico, pur dotandolo, di toni, a tratti, da commedia, ed estremamente amaro. Descrive minuziosamente il contesto piccolo-borghese entro il quale vive Giovanni, dandone una connotazione negativa e, tuttavia, guardando ad esso con indulgenza, quasi paternalismo. Giovanni, dopo aver avuto un qualche ruolo nella Resistenza, sin dall'immediato dopoguerra, lavora all'interno di un ministero. Può contare su uno stipendio probabilmente modesto, ma sicuro; svolge attività di routine, senza affaticarsi troppo. Mantiene buoni - ma sempre di convenienza - rapporti con i colleghi, con un occhio di riguardo per i superiori. Ha una brava moglie, benvoluta ma non rispettata fino in fondo, una casa decorosa, vetturetta e seconda abitazione. Convinto che il suo agile barcamenarsi, contraddistinto dall'impegnarsi senza mai affaticarsi o rischiare troppo, l'abbia condotto alla migliore delle vite possibili, vorrebbe che il figlio, bravo ragazzo ma certamente non una "volpe", segua il suo stesso percorso. Dunque, incurante delle implicazioni morali, e sapendo che nel suo contesto sociale è la normalità, si "prostra" di fronte al dirigente Dottor Spaziani per ottenere la giusta raccomandazione. Assolutamente disinteressato alle reali capacità del giovane, comunque certamente al livello del ruolo per il quale concorre, Spaziani promette aiuto in cambio di affiliazione del "piccolo borghese" alla massoneria. Giovanni, in una rappresentazione farsesca del rito di iniziazione, scopre che molti superiori e colleghi ne fanno parte già da tempo. Avendo fatto quanto in suo potere, a Giovanni non rimane che confidare nella buona volontà di Mario, il quale un minimo d'impegno nello studio deve pur impiegarlo. Dopo giorni di apprensione ed una notte di veglia descritta con un tale realismo da rendere palpabile il sentimento, giunge la mattina della prova, che Mario non può sostenere, poichè, lungo il tragitto verso la sede d'esame, il ragazzo è ucciso a colpi di arma da fuoco. La vita di Giovanni diventa, a causa di ciò, un incubo. I ruoli con la moglie Amalia s'invertono. Abituato ad essere servito e riverito da tale donna, rassegnata ma mai completamente succube, è improvvisamente costretto ad assisterla in ogni momento della sua vita, poichè ella rimane paralizzata ed ammutolita a causa della dolorosa perdita. Quella stessa burocrazia che gli ha consentito, complice, di navigare indenne sui flutti della vita gli diventa nemica (emblematiche la sequenze del deposito delle bare in attesa di sepoltura, al cimitero, e della lunga e farraginosa istruttoria volta alla ricerca dell'assassino). Le certezze che Giovanni credeva granitiche si sciolgono, come neve al sole, dando modo al suo istinto, predatorio, belluino - dettaglio di cui lo spettatore è posto a conoscenza sin dalle prime sequenze del film, che mostrano l'uomo trucidare un povero luccio, sostenendone la nocività - di prevalere. In questa fase, segnata da un netto cambio di tonalità in direzione del dramma più cupo, e la cessazione di quella benevolenza espressa dal regista in precedenza, vediamo, il "piccolo borghese" cercare giustizia da sè, rapendo e procurando la morte del giovane sospettato dell'omicidio. Ciò non scalfisce minimamente la sua pena, destinata anzi ad acuirsi. Di lì a poco va in pensione, celebrando l'evento con i colleghi più stretti, che iniziano a dimenticarlo non ancora conclusa la cerimonia. Amalia muore. Destinato ad una vecchiaia di solitudine, cessate le sicurezze e le prerogative dell'essere stato marito, padre, impiegato di ministero, Giovanni non ha altro da perdere ed è pronto a dare nuovamente spazio ai suoi istinti. Eccezionale interpretazione per Alberto Sordi nei panni del protagonista, tronfio, pieno di sè, soddisfatto di quelle scelte che considera sue, ma, probabilmente, guidate da altri, così come egli intende fare con il figlio; privo di spirito critico persegue con pervicacia ed entusiamo i propri interessi. Il suo modo di essere lo guida anche a tragedia avvenuta. Ancor più determinato, ma con estrema freddezza, cerca un'inutile vendetta. Bravi gli interpreti dei comprimari. L'attrice statunitense Shelley Winters è la paziente Amalia; Romolo Valli, il "miracolato" dirigente Spaziani; Vincenzo Crocitti il giovane e sfortunato Mario. Fortemente pessimistica, dolorosa e coerente è l'immagine che Mario Monicelli dà della piccola borghesia italiana, la quale si culla in una rete di effimere sicurezze; si alimenta, nella propria ipocrisia, di parassite complicità tra i suoi figli, pur rimanendo indifferente di fronte alle occasionali sventure di alcuni di essi; naviga a vista in una società italiana dilaniata sempre più ferocemente da tensioni sociali, crimini, eversione. Chi troppo a lungo è vissuto all'interno di questo guscio deve sperare che esso, pur fragile, non si rompa. Non è stato il caso di Giovanni, il quale, improvvisamente vittima di quegli stessi meccanismi che in precedenza aveva assecondato e non più trattenuto dai limiti del perbenismo, dà - con dolore e pericolo per sè e gli altri - libero sfogo alla propria evidente natura ferina. Opera magistralmente diretta, interpretata, in grado di far riflettere e commuovere, dà conto della profondità di pensiero del regista, il quale esprime una durissima ma ampliamente condivisibile critica alla mentalità piccolo-borghese, imperante nei decenni del dopoguerra italiano.

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