Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Il film può sembrare una commedia, per quanto dolceamara, ma pur sempre un lavoro divertente, composto di scene pure esilaranti, e con protagonisti provenienti (anche) dal cinema disimpegnato; eppure non si può certo liquidare con un'analisi così superficiale. La morale di fondo è estremamente dura, in realtà lancinante. L'affacciarsi alla terza età e l'accorgersi che gli anni migliori non solo sono alle spalle, ma sono pure ormai sepolti dagli anni trascorsi e dalla polvere accumulatasi nel frattempo, sono la propulsione vitale che muove i protagonisti, il gruppetto di ragazzacci che ritrovano l'entusiasmo giovanile nelle goliardate occasionali. Se si ride, insomma, è solo per paura della morte: in questo ambito Germi (ideatore del soggetto) e Monicelli, regista, sono indiscutibili campioni. Le figure degli 'amici miei' e le loro bravate sono passate alla storia del cinema italiano; il finale, che si fa beffe persino della morte in persona, sarebbe stata la giustissima e definitiva chiosa del lavoro. Invece seguiranno altri due episodi.
Quattro cinquantenni toscani, ai quali si aggiunge il dottore che li ha in cura, nel tempo libero compiono burle girovagando: questo è l'unico modo che hanno per sdrammatizzare le passate delusioni e non pensare alle vacillanti speranze. Come eterni ragazzacci, riescono perfino a coinvolgere un pensionato credulone in una storia di malavita e traffico di droga, che è ovviamente tutta una gigantesca farsa. Anche in punto di morte, uno di loro non rinuncia a prendere in giro il prete farfugliando parole inventate dal gruppo per prendere in giro gli estranei.
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