Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film
Servono commenti ulteriori? Semplicemente un capolavoro assoluto e inarrivabile, che ha lasciato un'orma indelebile nella storia del cinema per via del suo modo divertente e iper-realista di trattare l'implicita critica all'uomo violento e degradato.
<<Ezechiele 25.17: il cammino dell'uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi.
Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre; perché egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti.
E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te.>>
Così recita Samuel L. Jackson per tre volte nel corso di Pulp Fiction, interpretando il ruolo di Jules Winnfield. E questa è solo una delle tante citazioni epiche che mi vengono in mente ora come ora, e probabilmente la più rappresentativa.
Era l’anno 1994 quando uscì nelle sale cinematografiche Pulp Fiction, per la regia di un allora trentunenne Quentin Tarantino, un signor regista a dir poco geniale e del quale ho già avuto modo di parlare in maniera entusiastica nella recensione sul suo film d’esordio (Le iene), oltre che in maniera implicita in altre occasioni.
Tarantino ai tempi affermò che Pulp Fiction era un omaggio ai B-movie che si sparava da giovane e che lo hanno accompagnato nel corso dell'adolescenza..
Avete presente quanto scritto nella recensione su Le iene? Avevo affermato che il film, pur essendo da 9/10, era comunque un esperimento che sarebbe servito a sondare il terreno in vista di un film successivo. Un film che avrebbe avuto un idea di base simile, ma che l’avrebbe perfezionata in tutto.
Questo film fu proprio Pulp Fiction, e per me è il capolavoro di Tarantino, e uno dei capolavori del cinema in generale.
Un film che ha lasciato un segno indelebile nel panorama cinematografico mondiale, e le cui scene-chiave (che sono parecchie) sono successivamente state riprese e citate più e più volte.
Pulp Fiction è un ingresso nella zona più giovane del cervello di Tarantino. Le idee presenti all’interno sorprendono per la loro varietà e il modo in cui vengono narrate fa sembrare di essere proprio in un’enorme fantasia del regista.
Le interpretazioni a cui si può prestare Pulp Fiction sono tante, ma personalmente credo ce ne sia una e una sola che può funzionare: Pulp Fiction è un’esibizione di violenza postmoderna, resa nella maniera più nuova e fresca possibile.
In Pulp Fiction nulla è canonico. Non lo è l’intreccio della sceneggiatura, le cui trame si sfiorano di continuo in maniera geniale, non lo è la narrazione, la quale segue uno schema circolare in cui i tre episodi principali si snodano e alla fine si torna al punto di partenza. Non sono convenzionali i protagonisti, che sono sì dei gangster, ma invece di essere freddi e inquietanti, come ci si aspetterebbe da un qualsiasi noir, sono piuttosto delle parodie rese imperfette proprio dalla tridimensionalità del loro script (il che può sembrare un paradosso, ma alla fine è un’essenza del cinema solo resa in questo film in maniera incredibilmente reale).
E infine non sono decisamente canonici i dialoghi. Questi sono colti, ma al tempo stesso ricchi di volgarità, e sono realistici, eppure sono così sorprendentemente ironici, tanto da riuscire a rendere ogni scomoda situazione.
Sono proprio i dialoghi l’essenza stessa del film, come anche del cinema tarantiniano in generale. Il dialogo è coinvolgente e stimolante, provoca e propone riflessioni anche in un film come questo che essenzialmente non ha una morale di fondo, rompe talvolta i silenzi chiedendosi perché ci siano effettivamente quei silenzi, scava a fondo nei personaggi tirandone fuori ogni lato scindibile del carattere di ciascuno, e costituisce la spina dorsale della perfetta sceneggiatura.
Il resto delle analisi sono solo ulteriori elogi. Un cast semplicemente scintillante e con ogni attore calato perfettamente nel suo ruolo (da segnalare in particolare un John Travolta rinato dopo molti anni trascorsi nel dimenticatoio più totale e il miglior Samuel L. Jackson della vita).
La regia è eccelsa nella composizione delle inquadrature, perfetta nei tempi e nella costruzione delle scene di violenza.
La storia coinvolge come poche, riesce sempre a stupire lo spettatore grazie ad espedienti narrativi ingegnosi. Il film dura 2 ore e mezzo, ma il racconto stimola talmente tanto il cervello che non ci si accorge della lunga durata.
Ottime anche le location, l’utilizzo delle luci e la fotografia di Andrzej Seku?a (già direttore della fotografia in Le iene).
Il tutto accompagnato da una colonna sonora entrata nel mito.
In sostanza: questo film è il capolavoro del regista, definitivamente lanciato nell’Olimpo cinematografico proprio dall’enorme successo di critica che ha avuto tale creazione. Semplicemente perfetto, uno dei miei preferiti che non mi stanco mai di rivedere e riscoprire.
Ho letto alcune critiche sul prodotto. Tralasciando quelle negative che usano come argomentazione “l’eccessiva violenza e volgarità” (una critica che può essere mossa solo dalle proverbiali “fighette”), vorrei invece dire qualcosa in merito a quelle critiche che pur riconoscendo il valore effettivo di Pulp Fiction lo mettono al di sotto di alcuni film successivi del regista quali Bastardi senza gloria, Django Unchained e l’ultimo The Hateful Eight. Questo perché Pulp Fiction è ritenuto un film “immaturo” rispetto ai successivi, che invece essendo maturi sono superiori.
Ora, senza nulla togliere ai film sopra-citati, che sono dei bellissimi film in ogni caso (soprattutto Bastardi), ritengo che non raggiungono il livello di Pulp Fiction proprio per il fattore “maturità”.
“Maturando” infatti Tarantino ha reso sì i suoi film successivi più “adulti” e fruibili per una fascia di spettatori che si è da poco affacciata all’universo cinematografico, ma facendo ciò ne ha allo stesso tempo reso più scoperta ed evidente la critica all’uomo e a dove può arrivare il suo male interiore.
Film come Bastardi senza gloria e Kill Bill è chiaro dove vogliano andare a parare con la violenza cruda che mostrano, mentre per Pulp Fiction la già citata critica, celata sapientemente da uno sfrenato dark humor, era qualcosa di nuovo per come era stata resa, e la perfetta fusione tra violenza egregiamente realizzata e dialoghi taglienti e leggendari mette secondo me Pulp Fiction di una spanna al di sopra rispetto agli altri film di Tarantino.
Poi è chiaro, questa è una mia opinione personale, ognuno è libero di rivederla come gli pare e piace.
La cosa certa, che è in questo caso un fatto oggettivamente incontestabile, è che Pulp Fiction sia un film grandioso e che ha fatto parlare di se, oltre che per via della sua perfezione sotto tutti i punti di vista, anche grazie proprio alle varie interpretazioni critiche che si possono dare sul suo significato e sulla sua maturità.
Resta quindi un magnifico esempio di esercizio cinematografico dettato da ciò che passa per la testa del buon Quentin e riuscito pienamente nel suo scopo: divertire e far discutere sui difetti dell’uomo, rappresentati qui in maniera estremamente fumettistica e spettacolare, ma fresca e, soprattutto, indimenticabile.
Voto: 10/10.
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