Regia di Karen di Porto vedi scheda film
Nanni Moretti è come Frank Zappa: per quanto uno possa sforzarsi di imitarlo, non riuscirà mai neppure a lambire vagamente l'originale. A questa ferrea regola non sfugge neppure l'esordiente Karen Di Porto, che perennemente in sella alla sua Vespa firma un esordio con pretese da Caro diarietto in doppio cromosoma XX, profilandosi come l'ultima epigona di una serie di registi destinati ad apparizioni più o meno effimere come Fulvio Ottaviano, Giacomo Ciarrapico, Nina Di Majo e Alessandro Aronadio. Capello fluente e occhioni bistrati, la ragazza si prende estremamente sul serio e per un ora e mezza rimane fissa sulla scena per raccontare una qualsiasi giornata, dall'alba al tramonto passato sotto i ponti cittadini, di Maria - vocazione da attrice ma key holder per necessità - che in 24 ore, sempre con la cagnetta cardiopatica Bea al seguito (decisamente la migliore interprete del film), si arrabatta per mostrare le case vacanze a clienti spesso pretenziosi e rompiscatole, trova il tempo per le prove a teatro, quello per un set cinematografico e per andare a far visita alla madre con cui è in perenne conflitto, per poi terminare la sua giornata a una festa organizzata alla Casa del cinema, dove un regista le ha fatto sperare in una parte per un film.
Tra fotografie da cartolina della città eterna e una ridda di stereotipi (il produttore cinematografico bavoso, la sarda seccatrice, l'amico gay effemminato, eccetera), il film della Di Porto si dipana senza un'idea minima di sceneggiatura, assemblando alla rinfusa una serie di scene più o meno grottesche che, pur trovando qualche momento comico, vengono raggelate dal contrasto con l'assenza totale di qualsiasi forma di ironia della protagonista.
Sul genere, tra teatro off e situazioni beckettiane, molto meglio andarsi a rivedere il gustoso Estate romana di Matteo Garrone, degno allievo di Moretti ma senza ambizioni di clonazione.
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