Regia di Karen di Porto vedi scheda film
Maria vive a Roma, e divide la propria esistenza tra l'impiego di key-holder per un'agenzia che affitta appartamenti ai turisti ed il sogno di realizzarsi nella recitazione. Il suo amico più fedele è Bea, un jack russel femmina di quattordici anni che porta con sé ovunque, sia nel letto che sulla Lambretta con cui copre in lungo e in largo e ripetutamente il centro della città; altro amico inseparabile è il telefono, che squilla in continuazione, prima distraendola dal dovere di accogliere i turisti, con chiamate che la deviano verso scuole di teatro o set improvvisati sotto il Tevere ad alimentare la propria passione, poi rispedendola all'appuntamento di lavoro successivo, impedendole quasi sistematicamente di dare al suo rapporto con la settima arte la continuità che lei vorrebbe.
Maria per Roma, esordio cinematografico dell'attrice e regista Karen Di Porto, è sostanzialmente tutto qui: è il racconto di una giornata tipo, frenetica fino allo sfinimento, di una giovane precaria romana che lotta per affermarsi nella professione che ha scelto, ma che per farlo deve scendere quotidianamente a compromessi con la vita reale, che le impone la necessità di mantenere un impiego fisso che le dia la sicurezza di poter arrivare con le sole proprie forze alla fine del mese.
Di porto adotta uno stile di regia semplice, e gira il centro di Roma restituendo il ritratto di una città caciarona popolata da gente di ogni tipo il cui obiettivo principale, perlopiù, è trovare il proprio posto nel mondo. Il problema, però, è la povertà di una storia che si limita a documentare le tappe del vagare quotidiano della protagonista senza la minima ambizione di puntare un po' più in alto, di accampare qualche critica sociale, o di suggerire una qualsiasi lettura altra che conferisca un po' di corpo ad una struttura ed una sceneggiatura esili fin quasi all'inconsistenza. Maria per Roma resta così una sorta di videodiario fine a sé stesso, con personaggi se si vuole anche ben caratterizzati e qua e là un paio di trovate divertenti, ma che non va - e non vuole andare - oltre un'autoreferenzialità immotivata e respingente.
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