Regia di Joseph Kosinski vedi scheda film
L'avventura eroica ed umana della squadra dei vigili del fuoco di Prescott, tragicamente terminata con la missione fatale del Granite Mountain nel 2013, rivive le sue drammatiche e coraggiose vicissitudini sotto la direzione del regista statunitense Joseph Kosinski, un tipo tecnicamente tosto, abituato alle grandi produzioni ed ai film di cassetta forti di un grande sforzo produttivo (Tron Legacy, Oblivion).
Una squadra coesa ed affiatata, guidata dal saggio ed esperto Marsh (Josh Brolin), uomo tanto proteso ed infatuato del suo lavoro, da mettere a rischio il prosieguo del prioprio rapporto matrimoniale con la splendida moglie Amanda (la superlativa, fisicamente ma non solo, Jennifer Connelly)
E dal punto di vista visivo e delle dinamiche del racconto, il film centra sicuramente il bersaglio: action realistica, scene di massa e del propagarsi della massa distruttiva in combustione, sono assai convincenti, con qualche americanata (cialtronata?) di troppo come l'orso infuocato che rimane negli incubi del protagonista "come una delel cose più belle ed insieme terrificanti mai viste nella vita".
Quello che proprio non funziona, è il reiterato, insistito sino al fastidio, rifugiarsi imperterrito a cui la produzione indugia senza criterio, nei valori santificanti e santificati della famiglia e del senso del dovere: fattori che non si possono certo criticare in senso generale, ma che, ostentati in tal modo e con tale triviale retorica, finiscono per svilire di molto le sorti di un film che certamente avrebbe i presupposti per fornire un accettabile resoconto di una tragedia senza precedenti tra le forze della vigilanza forestale.
Per fortuna c'è la già accennata Jennifer Connelly che (assieme ad una Andie McDowell, qui impegnata in poco più di due pose - anche lei come la collega precedente col potere di tenere fermo da decenni il proprio orologio biologico), pur calcando, con la sua presenza celestiale, il pedale in direzione dell'affetto familiare più propizio a santificare incondizionatamente la famiglia come toccasana di ogni benessere psico-fisico, si dimostra una presenza a tal punto magnetica e rasserenante, da calmierare l'effetto fastidioso che tanta retorica incontrollata ed anzi insistita produce sulla storia in sé ben congeniata di un atto di eroismo e amor patrio senza precedenti.
Peccato che l'attrice, già premio Oscar con "A beautiful mind", nata nel nostro paese con nomi del calibro di Sergio Leone, Dario Argento (e pure Peter del Monte), appaia di fatto così poco al cinema, centellinando con sin troppa parsimonia le proprie spesso meravigliose apparizioni.
Al contrario un altro grande attore come Jeff Bridges (l'ho apprezzato sconsideratamente sin dai tempi del galvanizzante thriller Doppio Taglio, dopo il quale non ha fatto che crescere a dismisura), conferma in questo suo ultima prova giunta sui nostri schermi, alcune evidenti problematiche labiali francamente poco spiegabili: è almeno dal (bel) film Hell or High Water che Bridges ostenta una parlata fastidiosamente e comicamente strascicata, che lo costringe a smorfie poco consone se non tragicomiche, quasi come se l'attore accusasse gravi problemi di stabilità all'eventuale apparecchio ortodontico che lo assiste nella propria cavità orale. Possibile che un attore di questo calibro non possa permettersi un dentista come si deve? La prestazione di Bridges è - spiace ammetterlo - davvero da dimenticare: involontariamente comica, macchiettistica, se non proprio imbarazzante.
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