Regia di Sergio Bergonzelli vedi scheda film
La piccola Giada riceve in regalo dalla zia un pony, Kiko, che cresce e diventa un buon cavallo da corsa. Timoroso che Kiko possa vincere il palio di Siena, il malvagio fantino di una contrada rivale droga l’animale, che durante una passeggiata disarciona Giada, lasciandola paralizzata.
Ottimo esemplare di pellicola preterintenzionalmente trash, sfuggita totalmente al controllo del suo autore, Corri come il vento, Kiko appartiene al filone dei film lacrimevoli con protagonisti bambini, effettivamente ormai agli sgoccioli. L’essere arrivato pressoché fuori tempo massimo non ferma certo Sergio Bergonzelli, regista, sceneggiatore (insieme ad Alessandro Pultrone) e montatore del lavoro, dal calcare la mano, anzi: alla ricerca dell’effetto più drastico possibile, il Nostro mette in scena una vicenda che non ha quasi nulla di verosimile in un’ora e mezza di racconto, tra momenti volontariamente patetici oltre il livello di guardia (il cavallo che piange guardando la bambina disarcionata: puro scult) e altri nei quali non si piange insieme al film, ma del film (inquadrature traballanti, montaggio sgrammaticato, dialoghi ultraretorici). Non aiutano, in tale contesto, gli interpreti traballanti a partire dai due piccoli protagonisti (Silvia Monaco e Leonardo Viti), effettivamente qui alla loro prima e ultima esperienza nel cinema, affiancati sul set tra gli altri da Richard Harrison, Michele Peirello, Marisa Sacchetto, Giuliano Selva e altri volti e nomi di scarso appeal. L’escalation verso il finale esplosivamente commovente-ridicolo (a seconda dei punti di vista, si capisce) a oltranza funziona, anche perché di alternative non ce n’erano: era l’unica conclusione possibile, al termine di un film di siffatta risma. Dopo questo titolo Bergonzelli ritornerà nel genere di sua maggior competenza, quantomeno nella fase finale della sua carriera: l’erotico. 1,5/10.
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