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Piper

Regia di Alan Barillaro vedi scheda film

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La recensione su Piper

di mck
8 stelle

Lo stato dell'arte (scolpire la realtà).

 

 

Pensate al cielo terso in pieno giorno, tra il mezzodì e il meriggiare, consideratene l'azzurro profondo, e il trapassar delle nuvole, bianche e scure: dal fuori della grotta decorata di Chauvet-Pont d'Arc (“Cave of Forgotten Dreams” di Werner Herzog; e tutte le altre...), passando per Pompei [“il Giardino” (affresco in intonaco dipinto) della Casa del Bracciale d'Oro (oecus, parete sud, registro mediano), età giulio-claudia (30-35 d.C.)] e il Rinascimento, sino ad arrivare alle correnti moderne e contemporanee: per 30.000 anni (dal primo Paleolitico Superiore: Homo s. sapiens) sono stati e rimasti integri, vergini, intonsi (qualche colorato aquilone infantile, qualche ottocentesca mongolfiera, qualche aerostatico dirigibile non in fiamme). Poi, da meno di un secolo a questa parte, si sono visti e ritratti invasi, solcati, tagliati dalle scie di condensazione dei motori a reazione e turbogetto degli aerei dei voli di linea (e, più romanticamente, dalle loro traiettorie luminoso-intermittenti notturne, a cui s'aggregano i satelliti e la Stazione Spaziale Internazionale) : per questo - paradossalmente - sono meno veri, autentici, reali(stici) rispetto ad un Canaletto, un Renoir ("le Pont-Neuf", 1872) o un Segantini [“la Raffigurazione della Primavera (sulle Alpi)”, 1897] ? 

 


Tra la creazione artistica (pixel-pittorica) e la (ri)cerca sul campo (caccia fotografica e illustrazione naturalistica, da J.J.Audubon a Lars Jonsson) c'è tanta differenza quanta comunione, tanta diversità quanta similitudine: sono 2 emozioni diverse, equidistanti ma pure equipollenti, e non si differenziano né per quantità né per qualità, ma solo per...discrepanza.
Trovare, scoprire, individuare la scintilla nella pupilla di un occhio digitale pennellato al computer creando un cartone animato, o anime, o film d'animazione, o generarla, infonderla, insufflarla sul campo in uno sguardo animale...
C'è tutto il fottuto mondo -{il caso (la sopravvivenza, l'apprendimento, l'evoluzione: il prossimo passo? Un piovanello subacqueo, in pratica un pinguino: Finding Piper), la necessità [sfamarsi e nutrirsi procacciandosi le prede di cui cibarsi, sino a riempirsi per bene lo stomaco (la scena di sonnolenza digestiva post-prandiale dopo i titoli di coda)]}-, dentro. L'amore per la vita. La curiosità. La scoperta. L'avventura.

E non c'è gara. Quando un solo frame a caso di un'incredibile fantasia (ricalcata sulla più pragmatica e documenta-ria/ta realtà) - (Sand)Piper [Piovanello Tridattilo (Calidris alba, caradriforme scolopacide)] - supera e di gran lunga una modesta (io e la mia "vecchia" bridge DSC-HX300 della Sony) realtà [Porciglione eurasiatico/occidentale (Rallus aquaticus), Ibis Sacro (Threskiornis aethiopicus), e Upupa (epops)].

Se la pittura è sopravvissuta al cinema, per quale motivo il cinema d'animazione digitale non dovrebbe convivere con quello documentario? I 6 minuti netti di “Piper” (qual è allora, per l'appunto, la loro essenziale, imprescindibile, indispensabile funzione? Raccontare una storia. Cosa e come un documentario, con altrettanto dispendio d'energie, non potrebbe ritrarre, restituire ed interpretare "meglio"? Niente, e quindi? Nulla: e allora? Zero: e con ciò?) non fanno “altro” che, …“naturalmente”…, umanizzare quello che potrebbe essere “le Peuple Migrateur” di Jacques Perrin, o un documentario della serie "Life" della BBC 1 in 1080p, o alcune scene del “Voyage of Time” di Terrence Malick in 4/8K con la RedCam, se fossero fiction.  

 


È un'antropomorfizzazione “limitata” ai sentimenti e all'intelligenza, e non al soma (rimodellare e rimodulare il corpo animale in un aspetto umano), ma l'istintivo e innato comportamento imitativo [o, spingendoci oltre, un'evoluzione non più frenata dai vari limiti che la castrano: le dimensioni del cervello, o il rapporto - a grandi linee...magari corrucciate come quelle della corteccia cerebrale - tra il volume cranico e quello del resto del corpo, o altre limitazioni e impedimenti, come ad esempio (soft-speculative SF) il letargo che resetta le capacità apprese durante l'anno, si pensi a “Bears Discover Fire” di Terry Bisson] degli animali “inferiori tra i superiori” (gli uccelli in confronto ai primati) rimane comunque solo una parte del racconto messo in scena da Alain Barillaro [from Calabria e Abruzzo (parents) to Canada: direttore e supervisore all'animazione di “Finding Nemo” e WALL•E”] con altri tre co-sceneggatori e storyboard creator [Enrico Casarosa - from Genova - (“La Luna”, 2011), Brian Larsen e Tony Rosenast] e le musiche del grande Adrian Belew, e il resto (le emozioni, le sensazioni) è pura invenzione e artefazione.

Piega, manovra, sfrutta la texture naturale per ricrearne una controllabile, malleabile, adulterabile, manipolabile.
E non è nulla di nuovo, deriva dai documentari per l'infanzia della Disney degli anni '60, quelli che umanizzavano grossolanamente gli animali e ne riscrivevano gl'istinti, la natura ed il comportamento.
Soltanto...è meglio. Molto meglio. Le radici Pixar, innestate in un tronco Disney, germogliano comunque una chioma Pixar. 

 


In “Piper” c'è il classico stacco repentino di montaggio comico (un'ellissi basica) che presenta le conseguenze a un'azione di cui abbiamo assistito il principiarsi ma non l'evolversi completo; c'è il classico giocare col (fuori)fuoco, coi piani multipli, con la prospettiva, con la profondità di campo (l'inizio, strepitoso, ed ebbene si: pittorico, con la grande silhouette del chiurlo maggiore sfocata sullo sfondo, e subito torna in mente l'atmosfera che permea "l'Airone e la Gru" di Yuri Norstejn); c'è l'altrettanto classico e comico uso del fuoricampo: un'azione che si svolge altrove e che trova compimento entrando nel quadro; c'è l'un po' meno “classica” circostanza e situazione in cui la “cinepresa” perde il contatto visivo col soggetto e scatta spasmodicamente per un brevissimo lasso di tempo (altrimenti: “Cut!”) da una parte all'altra dell'orizzonte di 180° in cerca di un movimento e/o di un fuoco che ne recuperi l'aggancio (nel cinema degli ultimi anni questo momento costruito ad arte/hoc è ben individuabile verso la fine di “GrindHouse - Death Proof” di Quentin Tarantino, quando l'auto esce di carreggiata e la MdP per un lungo attimo la “perde” (e la cerca) tra i nugoli di polvere sollevata); e infine c'è, ultima non ultima, ovviamente, la morale: limpida, lampante, semplice, inequivocabile. 

 


Se “Finding Nemo” (2003) operava un punto di non ritorno per quanto riguarda la rappresentazione dell'acqua, e più in generale di un liquido viscoso (ma pure delle squame, delle piume, della pelle, e dei peli-capelli), “Piper” - uscito in sala abbinato a “Finding Dory” (2016) - cementifica quella rivoluzione: dopo il primo passo sulla Luna, ecco la prima Casa.

Link utili :
https://www.fxguide.com/featured/the-tech-of-pixar-part-1-piper-daring-to-be-different/

-- Breve documentario sulla genesi e la lavorazione del cortometraggio:

 

Dalla foce dell'Entella:
...ma la paura che ci fa quel mare scuro,
che si muove anche di notte:
non sta fermo mai… 

* * * * ¼ (8½)        

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