Non un semplice documentario ma attimi di sensorialità. La vita del pittore e la sua arte attraggono lo spettatore in un mondo fatto di puro sentimento che si respira, si ascolta, si guarda..
Ieri una mia amica mi ha trascinato al cinema: proiettavano il film "Io, Claude Monet".
In un'ora e quaranta di proiezione siamo state trasportate indietro nel tempo al 1840, anno di nascita del pittore e con lui abbiamo ripercorso i sogni e le speranze giovanili, le delusioni, gli affanni e i dolori della sua vita, insieme con le rare gioie da cui è stata costellata.
Definirlo un documentario è riduttivo. Si potrebbe dire che ne ha la veste ma in realtà si viene presi per mano e guidati in un mondo sensoriale in cui l'uomo Monet viene raccontato da lui stesso (attraverso le lettere scritte ai suoi amici e a sua moglie) e l'artista Monet viene invece descritto dalle immagini dei suoi quadri, messi a confronto con gli spunti naturali che li hanno ispirati.
Un'immersione di pura bellezza in cui la crudezza della realtà non viene sacrificata al sogno ma incastonata e proposta in una sintesi di cui costituisce la spinta vitale.
Un'esperienza resa indimenticabile dallo scambio impalpabile di percezioni tra lo schermo e lo spettatore e che permette a quest'ultimo di essere protagonista di un'opera d'arte che in sala si rinnova continuamente.
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