Regia di André Téchiné vedi scheda film
CANNES 70 – EVENTO SPECIALE – CINEMA OLTRECONFINE
Paul Grappe è un soldato che nel 1914 parte in guerra lasciando a casa l’adorata moglie sarta, operaia presso un centro tessile. Presto tuttavia le tragedie del fronte, gli orrori tra le trincee, spingono l’uomo a scappare e a disertare, dopo alcuni tentativi non riusciti di rendersi inabile, come l’auto-amputazione di un dito. Con la complicità della moglie, l’uomo si nasconde in un seminterrato nascosto sotto l’appartamento di casa. Ma l’esigenza di libertà spinge l’uomo, assecondato dalla moglie, a travestirsi da donna ed uscire sotto mentite spoglie. In tal modo Paul finisce per divenire Suzanne: e la cosa inizia a piacergli a tal punto che successivamente, alla fine della Prima Guerra, Paul continua a portare avanti questo suo eccentrico personaggio femminile, prostituendosi a scopo di lucro e poi facendosi assumere in pianta stabile in uno spettacolo di cabaret, riscuotendo un gran successo e un buon seguito di pubblico.
Una storia vera che ha ispirato un’opera letteraria, “La Garconne et l’assassin”, di Danièle Voldman e Fabrice Virgili, e persino un fumetto.
André Téchiné si fa sedurre dai due personaggi, una coppia a metà strada tra il diabolico e il romantico, e ci racconta in un film barocco e pure un po’ ostile, una vicenda aspra e dura che, nonostante le paillettes e le parrucche, i colori ed i vezzi, non ha nulla di accomodante e spicca per la furia che emana attraverso i gesti e le azioni, a volte inconsulte, a volte irose e incontrollate, della insolita affiatata e controversa coppia.
E già dal titolo si manifesta poi anche nei fatti quella follia di fondo che la disperazione della guerra ha nutrito e reso concreta: una follia di una donna che aiuta il marito a cambiare personalità, vedendoselo poco per volta sottrarre da sé: ecco dunque che tra i due l’intesa e la complicità perfette si trasformano in un risentimento dell’una verso l’altro, fino alle estreme conseguenze.
E se Pierre Deladonchamps - lineamenti tesi, per nulla femminili, pomo d’Adamo che sporge come un sesso maschile ostentato - a volte, anzi quasi sempre, fatica ad essere credibile come donna (ma proprio in questa assurda impossibilità sta il bello e lo sberleffo di tutta la vicenda), Céline Sallette è meravigliosa come e più di sempre.
E “Nos Années folles” di distingue per l’incapacità di risultare mai e poi mai accomodante o piacevole, ma anzi al contrario sempre ostico e imprevedibile come i suoi due angosciati amanti e complici, fautori di una trasformazione che va ben al di là di ogni loro singola aspettativa e possibilità di controllo.
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