Regia di Susanna White vedi scheda film
Solo chi ha il coraggio di sfidare le regole e le convenzioni sociali, può entrare in contatto con le realtà sommerse e ghettizzate, carpirne l’essenza senza fermarsi alla vulgata comune, che demonizza per sentito dire, seguendo pedissequamente i diktat di oratori che calamitano l’attenzione popolare. Agendo in questo modo, si aprono le porte verso scoperte incredibili e orizzonti impensabili, così com’è inevitabile incorrere nell’astio comune, di gente pronta a saltare al collo, rassicurata e rinvigorita dalle parole di chi comanda e detta le regole del gioco.
Ogni epoca ha conosciuto personalità senza timore reverenziale e repressioni a senso unico, così che Woman walks ahead riavvolge il nastro del tempo spalancando un canale diretto con la contemporaneità.
Stati Uniti, 1889. Catherine Weldom (Jessica Chastain) è una pittrice, una vedova con contatti influenti al congresso e ampie disponibilità economiche che, invece di vivere beatamente a New York, decide di inoltrarsi nei remoti territori del Dakota per immortalare su tela Toro Seduto (Michael Greyeyes).
Ancora prima di arrivare, intuisce dal colonnello Silas Grove (Sam Rockwell) che non troverà disteso alcun tappeto rosso ad attenderla. Nonostante tutto, riuscirà nel suo intento, vivendo sulla propria pelle un momento angolare nello scontro tra la società americana e gli indiani.
Woman walks ahead introietta tutte le caratteristiche del film contemporaneo, che osserva un evento del passato per stimolare una riflessione su quanto sta accadendo oggi. Ha una protagonista femminile con una tenacia incrollabile, inserita in un periodo storico dove le donne erano considerate alla stregua di cavalli da domare, contrapposta a uomini di potere disposti a tutto pur di dissuaderla, gente comune che odia chiunque vada contro il credo in voga e vittime designate, non appartenenti alla categoria dei santi, comunque destinate all’annientamento, andando contro qualsiasi ipotizzabile accordo di non belligeranza.
Questi elementi sono insediati all’interno degli ultimi scorci dell’ormai depredato selvaggio west, un luogo dove una collina imbiancata non è sommersa dalla neve bensì dalle ossa dei bisonti massacrati dall’uomo bianco, un ecosistema ideale per descrivere l’avanzata delle ingiustizie, all’interno del quale chi aiuta i più deboli è malvisto e chi non è allineato al comune sentire merita sputi, insulti e una fine ingloriosa.
Un tavolo apparecchiato a dovere per cementificare il casus belli dell’opera in questione, ossia l’incontro tra una donna bianca emancipata e Toro Seduto, un guerriero sul viale del tramonto che ormai ha un prezzo, pur non avendo smarrito gli ideali primari. Da qui, il film spiega le ali definitivamente, regalando una danza a due che colpisce coscienza e spirito. Uno sviluppo che annovera un pericolo incombente, offre l’occasione per un’osservazione privilegiata, crea una temporanea oasi di pace e poi non può far altro che mandare tutto in frantumi, prendere l’assunto democratico e strozzarlo come si fa con un pezzo di carta prima di gettarlo in un bidone, per non dire in terra senza alcun pudore delle più semplici regole assimilabili al quieto vivere.
Una dimensione radiografata con oculatezza dallo script di Steven Knight (il suo migliore dai tempi di Locke), un salto triplo per la regista Susanne White (le modeste prove in Tata Matilda e il grande botto e Il traditore tipo finiscono nel dimenticatoio), ulteriormente inspessita dalla formidabile Jessica Chastain, rimarchevole per mordente e intensità melodrammatica, con Sam Rockwell caustico e lapidario (Tre manifesti a Ebbing, Missouri non è un ricordo casuale, per quanto asciugato dagli effetti surreali e pittoreschi), due sponde laterali di estrema sicurezza come Ciaran Hinds e Bill Camp e soprattutto Michael Greyeyes nei panni di Toro Seduto, che non fa rimpiangere chi prima di lui ha dato in materia (vedi Wes Studi (L’ultimo dei Mohicani, Geronimo), Adam Beach (Hostiles - Ostili) e Gil Birmingham (I segreti di Wind river)).
Woman walks ahead è un film incandescente, che scardina le difese con una dialettica ficcante, donando uno sguardo antitetico alle consuetudini dei classici western di un tempo sullo scontro tra l’uomo bianco e gli indiani, oscillando tra il privato di un incontro speciale e lo scontro tra civiltà, con uno sterminio indiscriminato che attende solo l’occasione giusta per scatenarsi, scavallando l’opzione di un dialogo sincero e fruttifero, in quanto la legge del più forte ha sempre la meglio.
Una pellicola da difendere, per una verità da divulgare, indignandosi e vergognandosi per i numeri snocciolati sui titoli di coda, una riflessione sfornata sul palmo di una mano aperta, che guarda oltre la specificità del caso raccontato.
Emblematico e caparbio, fino in fondo.
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