Regia di Alastair Orr vedi scheda film
Un horror che parte da un presupposto originale ma si perde quasi subito a causa di una disperata sceneggiatura. Effetti speciali tra l'eccezionale (quelli prostetici e di make up) e l'inguardabile (il pirotecnico finale in CGI). Nella media (scarsa) in cui si colloca da tempo il prolifico genere "de (non) paura"...
I cugini Ade (Steven Ward) e James (Gustav Gerderner), accompagnati da Hazel (Sharni Vinson) e Mark (Zino Ventura), tentano di dare una significativa svolta alla loro esistenza. Ma nel modo peggiore possibile: sequestrano Katherine Hudson (Carlyn Burchell) ragazza di una agiata famiglia. Le intenzioni di chiedere, in riscatto, un ingente patrimonio in diamanti vanno presto in frantumi, non riuscendo i sequestratori a contattare i genitori. Ade e James si dirigono quindi direttamente nella casa degli Hudson, solo per trovare quattro cadaveri: padre, madre e due sacerdoti. Recuperano dall'abitazione alcune videocassette e fuggono impauriti. Katherine, lo impareranno a loro spese, è sotto l'influsso del demone Tranguul, divoratore di anime tormentate che da lungo tempo, fin dagli inizi del 1900, ha posseduto e spinto a commettere orribili delitti i residenti -in sofferenza per lutto- della casa di Willow street.
"Dovreste lasciarmi andare. Sarebbe molto meglio per voi." (Katherine)
Alastair Orr scrive e dirige un horror che inizia in maniera originale, per perdersi piuttosto in fretta in un canonico possession movie privo di phatos e ritmo. Spiegazioni poco -per non dire male- dettagliate (il perché della dimora maledetta, un demone che assilla chi soffre per un lutto) quando non al limite del paradosso (la casa di Willow street sarebbe infestata perché la più lontana dall'antico testo biblico Codex Vaticanus!), fanno il paio con l'abuso di effetti digitali che rendono il finale qualcosa di inguardabile. Le lunghe, lunghissime, lingue dei posseduti sono chiaramente in debito con il serial TV The strain, di Guillermo Del Toro, mentre piuttosto imbarazzanti appaiono alcuni errori di montaggio.
Uno su tutti, valga da esempio, mentre i quattro sequestratori guardano le VHS (ma davvero nel 2016 qualcuno riprende ancora su nastro magnetico?): chi manovra la macchina da presa durante il massacro dei sacerdoti e dei coniugi Hudson? Sono comunque da difendere alcuni ottimi effetti speciali vecchio stampo e le scene con i corpi in levitazione, in certi momenti piuttosto impressionanti. Lanciato al prestigioso London FrightFest Film Festival, From a house on Willow street ha raccolto un po' ovunque pareri tutto sommato positivi. Certo, rispetto alla mediocre media su cui si attesta la maggior parte di horror degli ultimi anni, Alastair Orr tiene sicuramente banco. Ma è una ben magra consolazione. Spulciando nella filmografia del regista, ad oggi completamente dimenticato dalle distribuzioni italiane, certa curiosità provocano comunque due titoli: Indigenous (2014) ed Expiration (2011). Opere sicuramente da recuperare, al di là del modesto risultato ottenuto con questo caotico, rumoroso e pirotecnico horror di routine.
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