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Un sogno chiamato Florida

Regia di Sean Baker vedi scheda film

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La recensione su Un sogno chiamato Florida

di maurizio73
6 stelle

Precipitandoci nell'occhio placido di un ciclone tropicale in cui tutto scorre tranquillo, S.Baker tiene a debita distanza la forza dei venti che gli ruotano intorno,come lo squallore di un degrado familiare che riceve un'inflessibile censura, l'arrancare claudicante di un predatore sessuale ed i roghi di una speculazione edilizia senza futuro.

Le scorribande della piccola Moonie e dei suoi due amici del cuore, animano la monotona estate di un motel dormitorio alla periferia di Orlando, tra l'economia di sussistenza di un indotto commerciale di Disney World e la precarietà di ragazze madri che tirano a campare. A vigilare su di loro, come un angelo custode che tutto vede e tutto comprende, solo il compassionevole manager della struttura, un uomo di mezza età in rotta con la moglie, che non intende rinunciare al suo rapporto un figlio ormai adulto.

 

locandina

Un sogno chiamato Florida (2017): locandina

 

Memories...of the Florida Age

 

Tra le illusioni psichedeliche di un'era spaziale in dismissione che agitavano i miraggi delle belve olografiche di un Ballard d'annata alla ruspante educazione sociale della Scout di Harper Lee, la favola dolceamara di un'America marginale e periferica, in cui l'incombente disgregazione ad opera delle forze centrifughe che mandano in frantumi gli ultimi scampoli di un sogno americano ridotto a merchandising viene miracolosamente arginata dai negletti valori della solidarietà e della compassione; una piccola Alamo dai colori pastello in cui sono arroccate le ultime speranze di un involontario esperimento urbanistico che riesce a tenere l'innocenza dell'infanzia miracolosamente stornata dalle miserie dell'età adulta e dalle scenografie posticce che gli fanno da sfondo. Basato su un'idea di cinema che propone uno sguardo in tralice sulla complessità di una nazione sempre più problematica e contraddittoria, misurandosi con tecniche di ripresa che riproducono un punto di vista sull'infanzia scevra da pietismi e pongono la sottesa metafora delle sue sperequazioni costantemente fuori quadro (ed a guardare il concept dell'ultima scena persino fuori fuoco), lo Sean Baker di questo Progetto Florida ci precipita nell'occhio placido di un ciclone tropicale in cui tutto scorre tranquillo, senza apparenti sussulti, tenendo a debita distanza la forza devastante dei venti che gli ruotano intorno, come fa con lo squallore di un sottaciuto degrado familiare che riceve un'inflessibile censura, con l'arrancare claudicante di qualche predatore sessuale e con i roghi lontani di una speculazione edilizia senza futuro che la ludica incoscienza degli infanti trasforma nell'inaspettato spettacolo di un pomeriggio estivo. Un minimalismo funzionale, senza retorica e che tuttavia non rinuncia al lirismo che solo una rappresentazione di rapporti umani veramente autentici riesce a trasmettere, toccando le corde di una commozione che gioca a rimpiattino con il tenero disincanto dei piccoli abitanti di un microcosmo favolistico da cui è possibile ammirare le immaginifiche mandrie di unicorni pascolanti, rincorrere le iridescenti promesse di un pentola d'oro alla fine dell'arcobaleno o precipitarsi a rotta di collo verso le guglie raggelate del castello di Arendelle che fa capolino in fondo ad un viale affollato di turisti. Tutti attori non professionisti, tranne un impareggiabile e laconico Willem Dafoe con quattro importanti nomination (Academy Awards, Globe, BAFTA,Screen Actors Guild Awards) come miglior attore non protagonista e la meravigliosa rivelazione dell'enfant prodige Brooklynn Prince, piccola novella Cristina Ricci con un nome che è tutto un programma, il rutto libero ed un dito medio già rivolto all'indirizzo del pubblico.


E la memoria è già dolore
È già il rimpianto d'un aprile
Giocato all'ombra di un cortile…

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