Regia di Francesco Casaretti vedi scheda film
Apologo anticonsumistico (e quindi per esteso anticapitalistico) sessantottino in almeno due accezioni: sia per l'anno di uscita, naturalmente, che per lo spirito abrasivamente satirico che permea i contenuti dell'opera. La diretta contestazione di una società nella quale l'immagine sta prendendo il sopravvento sulla sostanza, la critica spietata a un mondo falso, ipocrita e controproducente come quello della pubblicità sono il fulcro di Eat it, titolo che prende spunto dal nome del prodotto al centro della trama, una particolare qualità di carne in scatola. Il film ha senz'altro il pregio di 'stare sul pezzo', di trattare argomenti contemporanei e pressanti, arrivando peraltro in netto anticipo su numerose opere affini nelle tematiche (una su tutte, Hanno cambiato faccia di Corrado Farina, del 1971), ma per tutto il resto presenta quasi solo difetti. Difetti nella sceneggiatura di Joseph McLee, Franco Bucceri e del regista, da un soggetto di Roberto Leoni, sono da ritrovare nella semplicità eccessiva, quasi schematica, con cui l'intreccio si dipana e con la quale i personaggi e i dialoghi vengono scritti; difetti di regia sono inevitabili per un debuttante quale è Francesco Casaretti; difetti di ingenuità possono essere rivelati nella ricerca di scene e costumi esageratamente pop, fin troppo facilmente databili. La colonna sonora, carina, è di Ennio Morricone, con orchestra diretta da Bruno Nicolaj; per Casaretti, dopo qualche particina da attore, questa è l'opera prima e ultima. Nel cast non mancano interpreti degni di nota: Frank Wolff, Giampiero (Piero, sui titoli di testa) Albertini, Silvia Dionisio, Giancarlo Badessi, Orso Maria Guerrini (secondo nome omesso nei crediti) e soprattutto - per la curiosità che ne deriva e non per altro - Paolo Villaggio nel suo primissimo ruolo cinematografico, ruolo marginale e al quale non pare molto adeguato, troppo poco caratterizzato per le sue potenzialità. 3,5/10.
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