Regia di Johannes Roberts vedi scheda film
Johannes Roberts è uno di quei registi discontinui di cui non sai mai dire se è un vero autore che ogni tanto sbaglia clamorosamente, o se è un regista mediocre che ogni tanto ci azzecca. Forest of the Damned (2005), oltre a un’idea very exploitation – giovani femmine completamente nude e cannibali, dai denti affilati, terrorizzano poveri escursionisti in un remoto bosco dell’Hampshire – gode anche di una buona fattura artigianale. Roadkill (2011) era divertente, originale, artigianale, trash e a suo modo efficace e riuscito. Storage 24 (2012), uno sci-fi molto brit con alieno raccapricciante e famelico, partiva da una buona idea, con molto humor nero, ma naufragava sulla lunga distanza. The Other Side of the Door (2016), prima grande produzione per il regista di Cambridge, oltre a perpetuare l’ormai stanco tema dei bambini fantasma, era narrativamente stucchevole, si salvavano giusto una o due idee in tutto il film. 47 Meters Down (2016), è una felice e riuscita incursione nello shark movie con qualche dettaglio inverosimile, ma nel complesso ben congeniato e angosciante, riuscito giusto un poco meno del gemello The Swallows (2016). In tutto questo saliscendi, F si distingue per essere un ottimo thriller, serrato, e compatto.
Da tempo le scuole non sono più teatro di film dell’orrore, forse perché l’orrore l’hanno vissuto nella realtà – di stragi scolastiche ne è piena la cronaca. Tra gli anni ’80 e i ’90 invece, le scuole erano tra gli scenari favoriti del genere e grazie a questa scelta ambientale veicolavano anche qualche stoccata al sistema scolastico ed educativo del paese oltre che interrogarsi sulla furia incontrollabile dei giovani – Carrie (1976), Prom Night (1980), Graduation Day (1981), Final Exam (1981), Schegge di follia (1988), Il ritorno di Brian (1989), Scream (1996), The Faculty (1998), Halloween: 20 anni dopo (1998), Generazione Perfetta (1998), Tamara (2005), Jennifer’s Body (2009) e Lasciami entrare (2009).
Con Elephant (2003) come ideale punto di partenza, la scuola torna di nuovo a raccontare l’orrore, ma un orrore sociale, fatto di stragi e bullismi. Abbandonando il fantastico e lo slasher, a distanza di trent’anni dagli interrogativi di If (1968) e Massacre at Central High (1976), ecco che arrivano Duck! The Carabine High Massacre (1999), Bang, bang, sei morto (2002), Heart of America (2002), Zero Day (2003), The Only Way (2004), Klass (2007), L’onda (2008), Polytechnique (2009), Hello Herman (2012), The Dirties (2013), e ovviamente il documentario di Michael Moore sul più famoso massacro scolastico della storia, Bowling for Columbine (2003).
Di interrogativi F se ne fa pochi, ma grazie ad una regia ispirata, a una messa in scena tetra e angosciante, e soprattutto per il forte potere simbolico della figurazione degli studenti assassini, il film di Johannes Roberts butta tutto sulla paura atavica di un male insospettabile ed improvviso che, all’interno di un luogo deputato all’educazione, all’istruzione, all’inclusione e anche alla sicurezza dei minori, scombussola ogni certezza, scuote ogni animo e fa crollare ogni riferimento socio-educativo conosciuto. Il crollo psicologico del protagonista, un incredibile e superlativo David Schofield, è la resa di ogni interrogativo e di ogni risposta davanti a un male inspiegabile, una violenza senza pari, primitiva e ferale. Gli studenti assassini non hanno volto, solo felpe, tute e scarpe come possono averne in tanti; non sono connotati, ma solo e intelligentemente denotati. Questo tratteggio impressionista degli assassini è una delle armi più interessanti del film, che sa così instillare un orrore atavico in un contesto moderno. Inoltre, l’abilità nel parkour dei giovani assassini conferisce loro movimenti animaleschi, tra il felino e lo scimmiesco: la minaccia dell’involuzione sociale, la paura della bestia liberata, il terrore del non conosciuto, del non addomesticabile, del non domabile, fanno tutto il resto.
Da qui, ogni speculazione su quale fosse il punto di vista politico del film: lassista, permissivista, giustizialista, indifferente o solo allarmista, non ci è dato capirlo. Vediamo solo un uomo, il professore interpretato da Schofield, zimbello della scuola e anche della figlia Kate, sua alunna, che dopo aver capito di essere sotto attacco è l’unico che si batte con cognizione di causa, senza più vedere negli giovani assassini degli studenti o dei minori, ma soltanto agenti di morte e distruzione da cui difendersi. Inoltre, se è animalesca e primitiva la furia degli assassini, ugualmente primitiva è la tenacia con cui il professore vuole difendere e proteggere la propria figlia, quasi non interessandosi alle sorti dei colleghi. Insomma, welcome to the jungle.
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