Regia di Francesca Archibugi vedi scheda film
Il problema di Con gli occhi chiusi è che non sa mai che strada prendere. Dal romanzo di Federigo Tozzi (uno dei tanti dimenticati della nostra letteratura) si poteva estrapolare qualcosa di più robusto. Il film è dignitoso, ben girato, ma gli manca una vera ragione d’esistere. Come se l’Archibugi abbia voluto dedicare la propria attenzione esclusivamente alla ricostruzione del percorso di formazione del protagonista (argomento che l’è congeniale, e che diventerà purtroppo il suo cliché), rappresentando tutto il resto con immagini sì efficaci, ma senza un reale interesse. Ne vien fuori, ad esempio, che il terribile padre di Marco Messeri (eccellente), personaggio estremo e bieco, diventa solo un padre sbagliato e non più un (padre)padrone assoluto che terrorizza chiunque. O le rappresentazioni della vita di campagna, così vivide ma prive di quel coraggio e di quella originalità che restituiscano al meglio gli odori e l’atmosfera della campagna toscana. Indeciso, insicuro, qualche volta persino insipido, eppure un film discreto, che non si fa dire male (anche grazie agli ottimi interpreti: in primis Stefania Sandrelli, Laura Betti e Margarita Lozano, ma c’è una curiosa partecipazione di Nada che canta anche il brano di accompagnamento della storia) e con una certa connessione con un cinema delle piccole cose che ha il gusto, che so, di un Mario Soldati.
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