Regia di Giacomo Campiotti vedi scheda film
La vendetta è un piatto che va mangiato freddo! Questa potrebbe essere la frase conclusiva che affiora sulle labbra dopo aver visto “Come due coccodrilli”, invece a me è rimasta in mente la canzoncina dello zecchino d'oro (appunto “...come due coccodrilli...”) per molte ore dopo la visione del film, e una strana sensazione di malinconia.
Cerco di andare con ordine.
“Come due coccodrilli” è un film che si snoda tra flash back di ricordi da parte di Gabriele (Fabrizio Bentivoglio), il protagonista, mercante di antiquariato, che dopo molti anni ha l'occasione di vendicarsi dei torti subiti da bambino da parte dei due fratellastri. Gabriele è il figlio illegittimo di un ricco industriale, che per anni ha mantenuto due famiglie differenti. La madre amatissima di Gabriele (Valeria Golino) muore proprio nel dare alla luce il secondo figlio illegittimo, così il padre (Giancarlo Giannini) dei due bimbi li porta con sé a far parte della sua “prima” famiglia, introducendo Gabriele e il neonato Martino in un ambiente ostile.
Cosa mi ha colpito di questo film? Non tanto la storia, quanto il personaggio di Gabriele da giovane, da ragazzo, e il suo modo di affrontare una situazione da lui non cercata ma solo subita, creando così un rapporto esclusivo tra lui e il suo fratellino Martino, un rapporto che gli fa ingoiare tutti i dispetti e le cattiverie da parte della matrigna e dei due fratellastri. Gabriele subisce, tollera e cerca di costruirsi un posto, un piccolo angolo dove poter crescere e diventare adulto. Risponde con un sorriso alle provocazioni dei fratellastri, sempre in silenzio accetta i complimenti e l'affetto maldestro del padre, sempre solo, con la sensazione di trovarsi fuori luogo, inadeguato.
Ma con il fratello Martino il dialogo è diverso, anche se la differenza di età è molta, i due instaurano un rapporto speciale, un legame esclusivo, che li separa ulteriormente dal resto della famiglia, rendendoli sempre più estranei a tutti. “Come due coccodrilli” è la canzoncina che la mamma di Gabriele gli cantava da piccolo e lui la ripropone al suo fratellino come un segreto sigillo che li unisca per sempre, sarà proprio questo famoso motivetto a riunire e a far riconoscere i due fratelli da grandi. Sul finale la trama cede, non mantiene le promesse (ottime) della prima parte del film e trova delle conclusioni forse troppo affrettate ad un intreccio che meritava più impegno nella fase conclusiva.
Fabrizio Bentivoglio, che interpreta Gabriele da adulto, tanto deve alla ottima interpretazione di Ignazio Oliva (qui al suo primo film) in Gabriele da ragazzo, è infatti nella fase centrale del film, con Oliva come protagonista, che si delinea perfettamente la psicologia del personaggio, con tutte le sue sfaccettature, facilitando così la comprensione delle gesta, anche insulse, di un Gabriele adulto e affermato uomo d'affari, che traballa una volta ritornato a tu per tu con un passato mai sepolto, ma solo momentaneamente messo da parte. Gli sguardi e i silenzi di Gabriele ragazzo dicono più di mille parole, la postura, le spalle, il modo di sorridere creano una corazza che va in pezzi il giorno che si scopre solo e fugge, cedendo a quel dolore e a quella frustrazione per troppo tempo sopportati.
L'imbarazzo da parte di Gabriele di vivere in un posto dove non è accettato è il marchio che si porterà dietro per sempre, rendendolo cieco di rancore, ma non sordo... sarà infatti la canzoncina “come due coccodrilli” cantata da un irriconoscibile Martino adulto a farlo tornare (forse) indietro, e a ritrovare quel fratello perso, unico vero legame affettivo del suo passato.
Belle le location sul lago di Como, e bravi tutti gli attori, che anche nelle parti minori e di contorno hanno contribuito alla riuscita di un film basato molto sulle emozioni e le atmosfere. Le tensioni tra fratellastri sono palpabili e lasciano un malessere di amarezza profonda. Ignazio Oliva ha davvero il “fisique du role” e il talento per interpretare questo dolce e fragile Gabriele che tanto mi ha emozionato e che in qualche modo ho “riconosciuto”.
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