Regia di Mattie Do vedi scheda film
FAR EAST FILM FESTIVAL 19 - UDINE
Ci sono film preziosi a prescindere, forti oltretutto della singolare provenienza che li contraddistingue.
Quello della pittoresca, simpatica e colorita Matti Do - un furetto di energia che infiamma con la sua trascinante simpatia e faccia tosta tutta la platea del Teatro Nuovo in occasione della proiezione di mezzanotte al FEFF nr. 19 - dipende primariamente dal fatto che il suo film proviene dal Laos, (seppur co-prodotto dalla lungimirante Francia), piccolo stato quasi agli antipodi dell'occidentalita' che ha al suo attivo solo DIECI film prodotti dai natali ormai ultracentenari della settima arte.
Il fatto poi che il film si avvicini alle atmosfere horror, e quindi del "genere", mantenendosi strettamente legato ad usi e costumi della terra che ne ospita vicenda e sfondo scenografico, rende tutto ancora più stimolante.
Certo poi la storia - l'incontro tra due cugine, ove l'ospitante ha bisogno di soccorso perché quasi cieca, e l'ospitata diventa sempre più succube di vicende ed atteggiamenti misteriosi, frutto di suggestioni, ma pure di un particolare attaccamento di certi viventi alla dimensione dei morti - risulta di fatto quasi più affascinante che realmente spaventevole, come uno studio inedito su usi e tradizioni che si sono ormai quasi irrimediabilmente perse nella notte dei tempi.
E tutto ciò nonostante pellicola sconti inevitabilmente una congenita povertà di mezzi che ne limita le potenzialità espressive.
Ci sono dunque senza dubbio le premesse e le basi per stupire o suscitare interesse ed un appoggio morale incondizionato, ma mancano poi a conti fatti gli elementi concreti per mantenere quanto promesso.
Il fascino di un horror unico che si cela all'interno di usi e costumi che si perdono negli antri oscuri e ancestrali della tradizione, a volte anche tetra e maliziosamente nera, di un popolo non raggiunge purtroppo qui l'efficacia di ciò che avveniva nell'esemplare horror-politico del grande Wess Craven de "Il serpente e l'arcobaleno", ma forse l'accostamento - per quanto non inopportuno - è già in partenza un po' troppo ambizioso o precoce per un'autrice di indubbio carattere (e folklore), ma ancora in fisiologico bisogno di una adeguata formazione.
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