Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Uno dei film più cupi di Bergman, angosciosa allegoria sulla solitudine e l'impossibile ricerca d'affetto e calore umano in un mondo dove regna il silenzio di Dio. Opera carica di simboli e attraversata da sinistri presagi di guerra e violenza, resta uno dei frutti maturi dell'arte del regista, anche se in qualche punto calca un pò la mano su particolari che all'epoca potevano destare scandalo, tanto che nella versione italiana vi furono alcuni tagli che non pregiudicano tuttavia la comprensione del film. Magnifica interpretazione della Thulin in un personaggio particolarmente tormentato e represso a livello sessuale (ma anche Gunnel Lindblom, meno famosa in Italia, rende alla perfezione la sensualità e la frustrazione del suo personaggio) ed essenziale contributo del fotografo Nykvist nella visualizzazione delle atmosfere della città da incubo, con qualche omaggio all'espressionismo (ad esempio le sequenze in cui Johan cammina per i corridoi vuoti dell'albergo e incontra una troupe di nani che lo fanno vestire da bambina). Molto controverso il finale, con la lettera della zia morente al bambino, in cui, almeno nella versione italiana, il film si conclude con la parola "anima", anche se, della trilogia di film da camera che affrontano il problema della fede, questo è sicuramente il più disperato e pessimista. Ritenuto a torto da alcuni un lieve passo indietro rispetto a "Come in uno specchio" e "Luci d'inverno" proprio a causa dell'eccesso di simboli, ma "Il silenzio" rimane una pellicola coraggiosamente visionaria, adulta, dolorosa, un film che piacque moltissimo al grande cineasta danese Carl Theodor Dreyer.
voto 9/10
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