Regia di Shion Sono vedi scheda film
Un film controtendenza. Prodotto dalla Nikkatsu e -a sorpresa- in favore dell'emancipazione femminile. L'erotismo è negato da punti macchina spesso distorti, da testi malinconici e da un cervellotico evolversi di indecifrabili eventi ora onirici, poi confusi nella memoria e infine fallaci.
L'eccentrica Kyoko (Ami Tomite), celebrata scrittrice che promuove i suoi libri dando corso a mostre con inusuali contaminazioni pittoriche, maltratta la segretaria Noriko (Mariko Tsutsui), spingendosi ad umiliarla pubblicamente di fronte ad alcune ospiti. La sregolatezza di Kyoko arriva a far subire affronti di vario tipo alla sottomessa ragazza, sino al più contorto stupro con strap-on. Finita la violenza, si scopre che il tutto è frutto di una recita: Kyoko e Noriko sono attrici su un set cinematografico e dietro le quinte, a dettare legge dominando, è in realtà Noriko.
"Io scaricherò tutte le fastidiose libertà che mi limitano dentro una dannata fogna. In questa Nazione, la cosiddetta libertà di parola è insignificante. La gettano in un mucchio di merda. Le donne, in Giappone, vengono afflitte dalla libertà, dal cosiddetto libero inganno. In superficie sembra che venga onorata la libertà di parola, ma nessuna si gode davvero la libertà. Le donne di questo paese... nessuna di loro si gode davvero la libertà. Si aggrappano alla libertà per essere libere schiave. Ci danzano insieme, fingendo di essere veramente libere." (Noriko)
Un genere tipico della filmografia nipponica, molto praticato e celebre negli Anni '70 è stato il Pinku Eiga o Roman Porno, portato più volte sugli schermi dalla Nikkatsu. Nonostante la definizione, non si tratta di film "a luce rossa" anche se concettualmente, per tematica e situazioni, il contenuto talvolta supera di molto il più innocuo (e noioso) atto meccanico della pornografia. Soggetto al centro delle azioni erotiche del Roman Porno è solitamente una ragazza, limitrofa alla maggiore età e sottoposta a disciplinari e rigidi training, anche a base di contenzione fisica. La segregazione in ambienti confinati e la corda come congelamento o immobilizzazione del corpo nudo (e oggettivato) femminile, caratteristiche dello shibari o kinbaku, sono il leit motiv di tutta una infinita quantità di pellicole spesso dal contenuto altalenante. In anni recenti la stessa Nikkatsu ha tentato di riportare in auge il genere, e questo AntiPorno rientra tra i titoli coinvolti nell'operazione. Va subito detto che, nonostante vi siano scene di nudo (e inevitabilmente lesbo) piuttosto ripetute, il film prende le distanze dall'erotismo fine a se stesso, ludico e privo di senso. Al contrario, nel rispetto del titolo stesso, sembra prediligere un impianto malinconico, antierotico e femminista. Il Roman Porno è prevalentemente appannaggio di un pubblico maschile, spesso attratto dalla visione contrastante di delicate fanciulle tra le grinfie di (sp)orchi brutti e cattivi, ma il regista di AntiPorno manifesta fin dalle prime sequenze un'attenzione più ai dettagli e ai contenuti che non al nudo, elemento qui inserito in una scenografia allucinata, resa completamente irreale dall'uso sfolgorante della fotografia. Colori accessi e luccicanti, che vanno dal giallo al verde, spesso in contrasto tra loro (rosso su giallo) come per rendere -tramite immagini- una contraddizioni in termini di tonalità. Una contraddizione che rispecchia il testo. Testo difficilissimo e di improbabile lettura, almeno di improbabile unica lettura. Perché Kyoko, lo si scopre dopo il primo twist spiazzante (il set cinematografico), sembra in realtà rivivere momenti della vita, in uno stato allucinatorio. La perdita della verginità, il controverso rapporto con un padre sposato in seconde nozze, una sorella dall'infausto destino, il desiderio di recitare in un film pornografico: esperienze -passate- che si succedono (mescolandosi) di nuovo sul teatro più triste che esista per una ragazza/oggetto, quello della vita. I piani di lettura (molteplici) e l'insistito linguaggio volgare, in contrasto con una pregevole regia e le affascinanti scene in tono "arcobaleno", rendono AntiPorno film di difficile catalogazione, ovvero né erotico, né drammatico. L'apprezzabile tentativo di prendere le distanze dalla consuetudine del filone, ovvero del corpo femminile visto come oggetto, quando non giocattolo, contrasta con il complicato meccanismo a incastro della sceneggiatura, finendo per confondere troppo spesso lo spettatore. AntiPorno si colloca dunque in quel nutrito catalogo di titoli che possono essere valutati o zero o dieci, senza mezze misure. Dall'inguardabile all'eccezionale, pertanto -nel dubbio- sufficientemente interessante.
Kyoko dixit
- "Dallo spazio l'essere umano è insignificante (e) la mia vita sembra durare solo un secondo, anzi meno..."
- "Il cast morirà, il regista morirà e di questo film non rimarrà niente."
- "Sono una vergine ma puttana. Una puttana vergine."
- "È triste, e misterioso, essere una puttana."
Curiosità
- Più volte il regista inquadra una lucertola prigioniera all'interno di una bottiglia, trasmettendo per immagini un'analogia: anche Kyoko infatti è segregata, chiusa nell'angusto spazio mentale di sgradevoli ricordi, spesso confusi. Come una farfalla vorrebbe librarsi in aria, liberandosi del peso opprimente di una esistenza infelice.
- La musica al pianoforte, che accompagna le memorie di Kyoko sulla perduta sorella, è opera di Ludwig van Beethoven: Sonata al chiaro di luna. Un pezzo musicale estremamente malinconico, spesso inserito nei film per sollecitare (efficacemente) proprio questo stato d'animo.
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