Adottando una regia libera ed anarchica, e un montaggio che si rivela sempre consapevole del proprio ritmo e della propria forma, Legend of the Mountain esplora l'ignoto e il soprannaturale, abbandonando presto i dubbi dello scettico, e chiede una fede incondizionata e spontanea allo spettatore. La quale, dal canto suo, lo spettatore non fa fatica a dare, vista la magniloquenza delle scene di combattimento. Diversamente da A Touch of Zen, pochi sono gli scontri corpo a corpo; semmai, King costruisce un modo tutto particolare per rendere i conflitti. Tutto infatti, dalle interazioni umane agli atti violenti, viene compiuto o fuori campo o in una dimensione più invisibile, costantemente evocata dai movimenti di camera, dalle percussioni (che sacerdoti e demoni suonano per combattere) e dai twist narrativi che rendono Legend of the Mountain, via via che il minutaggio prosegue, una vera e propria storia di fantasmi. In cui regna, per l'appunto, l'invisibile.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta