Regia di Ernst Lubitsch vedi scheda film
La moglie (infelice) di un ambasciatore si trova a Parigi; mentre il marito è impegnato per lavoro, lei conosce e bacia uno sconosciuto, al quale non rivela il suo nome. Lui, infatuatosi, la rinomina Angelo e fa di tutto per ritrovarla. Ci riuscirà, grazie a una serie di coincidenze.
Tratto da una commedia di Melchior Lengyel con un adattamento di Guy Bolton e Russell Medcraft e infine una sceneggiatura firmata da Samson Raphaelson, assiduo collaboratore del regista in questo periodo, Angelo è un film meno leggero rispetto al solito per Ernst Lubitsch, che pure non mette mano al copione, per una volta, ma come sempre riveste anche il ruolo di produttore. La storia di Maria/Angelo è quasi del tutto priva di risvolti ironici e mancano allo stesso modo i momenti necessari a sdrammatizzare l’intreccio adulterino al centro della trama; il finale è poi addirittura glaciale, giusto solamente dal punto di vista morale (non sempre quello a cui Lubitsch è maggiormente interessato), ma insensato da quello logico e inatteso per la sua linearità a un soffio dal banale. L’incontro sul set con Marlene Dietrich deve avere significato tanto anche per un cineasta ormai al culmine della celebrità come Lubitsch, che comunque sfrutta al meglio la sua protagonista, a cui affida una parte assolutamente nelle sue corde; fra gli altri interpreti si possono citare Melvyn Douglas e Herbert Marshall, che vanno a comporre con la Dietrich il triangolo amoroso al centro della vicenda. Anche la scorrevolezza della narrazione non è ai massimi livelli, specie per un regista che ha fatto del ritmo uno dei suoi marchi di fabbrica. 5/10.
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