Regia di Jo Sol vedi scheda film
ArteKino Festival.
Antonio Centeno ha 45 anni e vive su una sedia a rotelle a causa di un tuffo in piscina. Antonio muove le braccia mentre le mani rimangono chiuse in un pugno che è emblema della sua caparbietà ma anche dei limiti oggettivi della sua condizione. Nonostante tutto Antonio è riuscito a laurearsi, a lavorare come insegnante e ad emanciparsi dalla famiglia. Antonio Centeno non è solo il protagonista del film, è una persona vera, ed il lavoro del catalano Jo Sol è cucito intorno alla sua vita e al suo militante impegno civile a favore delle persone "diversamente funzionali" come lui stesso le definisce in corso d'opera. Accanto a lui c'è Pepe Rovira, uomo dal passato incasinato e infelice, che lo aiuta con le faccende e con gli spostamenti per le vie di Barcellona. Pepe è già stato protagonista di un "falso" documentario di Jo Sol, "el taxista ful" in cui interpreta un uomo disperato che ruba taxi di notte per poter lavorare. In "Vivir y otras ficciones", a distanza di dieci anni, Pepe Rovira è di nuovo Pepe Rovira e deve fare i conti con se stesso, con il figlio che si è allontanato da lui e con le (solite) ristrettezze di quand'era taxista abusivo. Antonio e Pepe sono alla ricerca della felicità ma spesso si scontrano con la realtà. Gli atteggiamenti, però, sono diversi. Antonio trae giovamento dal suo impegno sociale nel superere le difficoltà, mentre Pepe è sopraffatto da eventi incontrollabili e non sembra aver la forza di ribellarvisi. Pepe è schiacciato dal desiderio di riallacciare i rapporti col figlio Marcos, mentre Antonio mette a disposizione il suo tempo e il suo impegno in un progetto che aiuti le persone come lui desiderose di approfondire la conoscenza del proprio corpo e del proprio piacere. La ricerca di legittimazione davanti alle autorità, che garantisca ai diversamente abili l'assistenza sessuale, è una materia scottante e complessa, e la mancanza di riscontri costringe Antonio a mettere a disposizione il proprio appartamento per organizzare incontri sessuali, mal visti da Pepe, e che creano imbarazzo a Laura, assistente sociale che si occupa di Antonio durante la giornata. Questo "Vivir y otras ficciones" è uno strano oggetto che mescola la realtà, con la finzione, il cinema con il documento sconfinando spesso in un limbo in cui reale e illusorio vanno a braccetto. Jo Sol scopre subito le carte con una scena forte che viola l'intimità del protagonista ma che ci immerge in un contesto di impegno civile e dibattito. "Dobbiamo riappropriarci dei nostri corpi" dice Antonio, quei corpi imperfetti che la società vuole nascondere per paura e vigliaccheria. Il problema di questo lavoro è l'eccessiva pedanteria nell'affrontare l'argomento, mentre viene messa da parte la sfera emotiva del protagonista e i migliori momenti, per contro, sono quelli in cui vengono affrontate le difficoltà quotidiane di Antonio. A contrario suscita maggior interesse il personaggio di Pepe, le cui vicende sono raccontate tramite gli artifici del cinema di finzione come le immaginarie conversazioni tra padre e figlio, le malinconiche musiche gitane e lo splendido canto liberatore che ci accompagna nel finale rendendo il lavoro più seducente agli occhi di uno spettatore che patteggia per la causa di Pepe e rimane invece perplesso dal racconto di vita di Antonio per il quale non riesce a provare empatia estraniato com'è dal rigido stile della regia. Una maggiore partecipazione emotiva e un pizzico di umanità in più, al posto di tante elucubrazioni sulla materia e di un attivismo politico che accontenta pochi, avrebbe giovato maggiormente al lavoro di Jo Sol, alla diffusione del film e in ultima istanza alla causa che il lavoro del regista vorrebbe far conoscere. Segnalo, infine, un articolo su Antonio Centeno, per chi fosse curioso di saperne di più e volesse approfondire il dibattito sollevato dal film.
https://www.internazionale.it/opinione/beatriz-preciado/2015/11/13/sessualita-disabili
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta