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Opera senza autore

Regia di Florian Henckel von Donnersmarck vedi scheda film

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La recensione su Opera senza autore

di supadany
6 stelle

Venezia 75 – Concorso ufficiale.

Cogito ergo sum. Esprimere la propria identità è un diritto inviolabile, ma anche un dovere se il sistema posiziona delle barriere inammissibili, che vanno contro ogni forma di protezione e solidarietà. Certo, per fare ciò che è giusto, serve coraggio e magari anche una considerevole dose di avventatezza, essere consapevoli degli ostacoli da affrontare e sapere che così il percorso per arrivare al risultato sarà più lungo e accidentato.

In ogni caso, mai regalare al soggetto dominante alcuna soddisfazione o fidarsi di lui qualora sembrasse ripulito: se sei un nazista dentro, o più in generale un uomo reo di peccati imperdonabili, lo sei per sempre.

In Germania, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale il giovane e anticonformista Kurt Barnett (Tom Schilling), artista senza risorse oltre al suo pennello, s’innamora di Elizabeth (Paula Beer), sbattendo contro le ritrosie di colui che diventerà il suo futuro suocero, il professor Seeband (Sebastian Koch), che per sua figlia desidererebbe trovare un partito migliore.

Le difficoltà si trascinano negli anni, amplificandosi quando Kurt scopre di essere stato toccato da vicino da una serie di crimini di guerra, che il professore aveva avallato decenni prima, finendo sulla lista dei ricercati internazionali.

 

Tom Schilling, Paula Beer

Opera senza autore (2018): Tom Schilling, Paula Beer

 

Per il terzo film di Florian Henckel von Donnersmarck, è lecito parlare della classica prova da dentro o fuori. Infatti, capita raramente di imbattersi in un regista capace di esordire dirigendo un capolavoro qual è Le vite degli altri e successivamente uno dei maggiori disastri economico/artistici del nuovo millennio, ossia The tourist.

Dopo otto anni di silenzio, il regista torna sulle scene con un lunghissimo giro di giostra sulla Storia tedesca, dalla metà degli anni ’30 fino ai ’60, interpolando i misfatti del nazismo, le cui conseguenze si riverberano nel tempo, con il mondo dell’arte, segnatamente ritratto nelle differenze tra tradizione e innovazione, e dinamiche private strettamente interconnesse con le altre tematiche.

Il materiale abbonda e l’esposizione è tutt’altro che compatta, ma la narrazione capta l’attenzione, senza lavorare di fioretto, stimolando reazioni in sequenza.

Così, spicca la questione identitaria, quanto possa risiedere nelle facoltà del singolo e sia importante liberarsi dai vincoli, innovare e amare senza arrendersi di fronte a dogmi dettati dalle posizioni di forza, superando la logica deterministica, secondo la quale ognuno è segnato dalle condizioni che lo governano. Inoltre, anche il destino beffardo si diverte a intrecciare più volte le strade dei protagonisti, creando un cortocircuito da sbrogliare.

In questo mare magnum, Florian Henckel von Donnersmarck esplicita la smania di arrivare allo spettatore, rincarando spesso la dose con ampollosità superflue, fino a perdere buona parte del bilanciamento nell’ultima fase. Comunque, ondeggiando tra le ingiustizie della Storia, siano esse i ribaltamenti delle concezioni o l’attitudine dei colpevoli a farla franca, la passione per la vita, tra arte, spirito e amore, e un filo d’intrigo a lungo termine (qui ridotto rispetto alle opportunità), riesce a non far pesare affatto lo smodato minutaggio.

 

Cai Cohrs, Saskia Rosendahl

Opera senza autore (2018): Cai Cohrs, Saskia Rosendahl

 

Con un respiro arioso, che guarda al classico per poi lasciarsi andare al fine di prendere per mano lo spettatore della porta accanto, un ricorso implicito all’impegno civile e all’ammonimento sui pericoli collegati all’esercizio del potere, Opera senza autore parla alla pancia, lungo quasi come una miniserie e con un’estetica affine, tremendamente fluido e partecipativo, sopravanzando vuoti, come la leggerezza nel trattare il campo artistico e salti di scena non ammaestrati, altrimenti insostenibili.

Un libro aperto, un quadro che libera vibrazioni, badando più all’intensità che all’accuratezza.

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